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Idiomaticità e uso linguistico

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Clichè e frasi idiomatiche sono costrutti linguistici prefabbricati che possono essere differenziati in base alla relativa autonomia semantica di cui godono: mentre le frasi idiomatiche sono “complex bits of syntax, whose meaning cannot be derived from the meaning of their constituents, that is, whose meanings are more than simply the sum of their individual parts” (Nattinger e De Carrico 1992: 33), il significato dei clichè è derivabile dai singoli costituenti. L’attenzione verso l’idiomaticità della lingua ha portato alcuni studiosi a evidenziare l’interconnessione di lessico e sintassi, e al conseguente rifiuto di tracciare una netta distinzione tra le due sfere linguistiche. Il fatto che le parole non siano analizzabili solamente come combinazione di morfemi individuali, ma siano immagazzinate nella memoria come parte di sintagmi o di segmenti più lunghi per essere poi attivati in questa forma prefabbricata è suggerito ad esempio da Bolinger (1975), ma uno studio empirico di simili concezioni è stato possibile solamente in anni più recenti tramite lo studio di corpora di testi in formato elettronico (cfr. corpora e testi elettronici) Sulla base dell’analisi di migliaia di “citazioni” (righe di concordanze) estratte da raccolte ordinate di testi (corpora) a partire da similarità formali (la parole o le parole oggetto di concordanza), Sinclair (1987, 1991) propone di spiegare il modo in cui il significato emerge dai testi linguistici in base a due principi interpretativi: da una parte l’open-choice principle, in base al quale un testo è il risultato di una serie di scelte paradigmatiche che vengono progressivamente messe in atto. Secondo questo principio i testi sono “a series of slots which have to be filled from a lexicon which satisfies local restraints. At each slot, virtually any word can occur.” (Sinclair 1991: 109). Dall’altra l’idiom principle, in base al quale “a language user has available to him or her a large number of semi-preconstructed phrases that constitute single choices, even though they might appear to be analysable into segments.” (Sinclar 1991: 110). Il “principio idiomatico” della lingua è illustrato dal fenomeno della collocazione, con il quale si intende il fatto che spesso le parole co-occorrono nei testi con una frequenza superiore alla media, ovvero sembrano manifestare all’interno della catena sintagmatica delle restrizioni sulla scelta paradigmatica. Il fenomeno della collocazione si situa in questo senso a metà strada tra da una parte il significato delle parole nel contesto astratto e decontestualizzato nel repertorio di un dizionario, e dall’altro quello che è a loro associato se riconosciute come parti costituenti di una citazione nel repertorio di una cultura. Le connotazioni collocazionali delle parole sono spesso uno degli aspetti di una lingua tra i meno documentati e più difficili da padroneggiare, e la capacità di operare con segmenti di testo comprendenti più parole in relazione tra loro è considerata una delle caratteristiche che maggiormente distinguono la lingua di un parlante nativo (Cowie 1992: 10). Nella fase di comprensione, in particolare se non appartiene alla cultura in cui è destinato ad essere fruito il testo di partenza, è più facile ad esempio che al traduttore sfugga una sfumatura semantica legata al particolare profilo collocazionale di un termine, mentre nel momento della produzione le restrizioni collocazionali della lingua di arrivo saranno tra gli aspetti la cui violazione sarà più percepibile, risultando nel cosiddetto “traduzionese”.

La citazione modificata (attraverso una sostituzione lessicale, una trasformazione sintattica o un gioco di parole morfologico, oppure attraverso l’inserimento in un contesto “estraneante”) gioca sulle potenzialità offerte da una lingua in quanto repertorio di frasi, che vengono consapevolmente alterate in modo creativo sfruttando i meccanismi di sistema della lingua ai fini di raggiungere un determinato effetto retorico. “In linguistic terms, the creative writer retains the option of treating even tightly compact preconstructed phrases as capable of analysis into its constituent elements -- of introducing the open-choice principle into the idiom. Whenever a preconstructed phrase is re-analysed in this way, the effect on the text is revitalizing.” (Partington 1998 online).

La sola conoscenza di frasi idiomatiche o di modi di dire non è sufficiente di per sé all’utilizzo creativo della lingua, ma necessita della capacità di forgiare nuovi significati con gli strumenti linguistici, come sostiene Virgilio Jones:

 

- Pulpito e predica, rispose [il Nara]. Fuscello e trave.
- L'acquisizione di rudimentali frasi idiomatiche, disse Virgilio, non conferisce alcuna libertà. L'intelletto che confina se stesso al puro strutturalismo è destinato a rimanere intrappolato nelle proprie trame. Le tue parole servono solo a tessere bozzoli attorno alla tua irrilevanza. [1]
“- Pot and kettle, replied [the Gorf]. Mote and beam.
- The acquisition of rudimentary idiom, said Virgil, confers no freedoms. Any intellect which confines itself to mere structuralism is bound to rest trapped in its own webs. Your words serve only to spin cocoons around your own irrelevance.
(Grimus 91)


[1] Il Nara cita in forma allittica due frasi proverbiali: “senti da che pulpito viene la predica”, che viene fatto corrispondere al detto inglese “the pot calls the kettle black “ e “Perché osservi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio?” (Matteo 7:3).