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Grimus: produzione e ricezione

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Al suo apparire, il primo romanzo di Rushdie, con cui il giovane autore aveva concorso a un premio letterario per opere di fantascienza bandito dalla casa editrice Victor Gollancz allo scopo di individuare nuovi autori, non riscosse un grande successo. Le recensioni di Grimus, a giudizio della persona che più di altri ne aveva incoraggiato la pubblicazione, quella Liz Calder che oltre a coabitare con Rushdie e con la sua futura moglie lavorava come redattrice per l’editore Victor Gollantz, furono “the worst reviews I have ever seen for a first novel”.[1] Rushdie stesso dirà in seguito che “Before Midnight’s Children, I had one novel rejected, abandoned two others, and published one, Grimus, which, to put it mildly, bombed” (Imaginary Homelands 1).

Due anni dopo l’edizione Victor Gollantz il libro viene ripubblicato in Inghilterra da Panther/Granada e nel 1979 esce negli Stati Uniti per la casa editrice Overlook Press. Le successive pubblicazioni, nel 1991 (Penguin Books) e nel 1996 (Vintage) sono da attribuirsi probabilmente più alla notorietà acquisita dall’autore dei The Satanic Verses che alla percezione di meriti letterari inerenti l’opera. Il primo contributo critico su Grimus è posteriore alla pubblicazione dei due romanzi successivi, Midnight's Children e Shame, e in generale l’interesse manifestato dalla critica per l’opera prima dell’autore anglo-indiano ha caratteristiche di tipo “filologico”, è caratterizzato cioè dalla ricerca di temi e motivi stilistici che verranno sviluppati in modo più “maturo” nelle opera successive.

Senza dubbio in Grimus sono ampiamente presenti dei temi che verranno affrontati più compiutamente in, ad esempio, The Satanic Verses, ovvero quello dell’identità personale e nazionale e quello della potenza creativa dell’immaginazione. In un certo senso tutti i romanzi di Rushdie possono essere visti come ambientati in dimensioni parallele, come realtà alternative che differiscono leggermente da quella in cui vive il lettore, alimentate dall’ossessione demiurgica dello scrittore. “I think, therefore it is” dice Grimus, in quello che è un ovvio stravolgimento della massima cartesiana. "The ability to conceive a thought, to speak it" (The Satanic Verses 97) è il potere di creare la realtà, che ha come suo aspetto negativo le aberrazioni di Grimus o la trasformazione in mostri degli immigrati in territorio inglese in The Satanic Verses[2] ma che permette anche allo scrittore migrante di costruire la propria identità artistica a partire dalla creazione linguistica.

In Grimus Rushdie tenta di innestare dei temi orientali rimanendo però ancorato a convenzioni di genere tipicamente occidentali, a differenza di quanto farà nelle opere successive, in cui dimostra “a growing awareness that the introduction of new content must be accompanied by a change in form” (Cundy 1996: 26). Allo stesso modo, i giochi linguistici sono tutti interni alla lingua inglese, Rushdie gioca con le convenzioni linguistiche senza però tentare di rinnovarle attraverso il contatto e l’ibridazione con altre lingue e tradizioni culturali (cfr. linguaggio e creatività nei testi transculturali)

Indubbiamente Grimus rappresenta un primo tentativo di trovare un’unità artistica all’interno di un’eterogeneità e diversità culturale, ma l’impressione è che Rushdie, più che con la sperimentazione di una nuova forma narrativa come nei romanzi successivi, cerchi la propria cifra nella sperimentazione “alchemica” col linguaggio, senza però giungere a quella compenetrazione “traduttiva” di lingue e culture diverse che sarà invece realizzata in Midnight's Children. A differenza dei romanzi successivi (tranne Haroun and the Sea of Stories che si presenta però come una fiaba dalla struttura molto semplice e lineare), Grimus manca inoltre di una precisa collocazione storica e geografica, senza la quale il romanzo rischia di diventare per il lettore un’”allegoria ininterpretabile”: come sostiene Brennan, “if novels do not necessarily have to be set in one location, or be resistantly pure to foreign importations, they must be anchored in a coherent ‘structure of feeling’ which only actual communities can create” (1989: 70).

Cundy parla di “elements insufficiently blended to make the novel appear a skilfully amalgamated whole” (1996: 12), e sostiene che Rushdie “arguably loses – or fails to establish – his own authorial identity” 1996: 19), mentre Goonetilleke sostiene che “Rushdie’s style is rather wooden, his humour rather strained” (1998: 15).[3] Si tratta d’altra parte di giudizi che Rushdie stesso sembra condividere: “I think Grimus is quite a clever book. But that’s not entirely a compliment. It’s too clever for its own good”.[4]

Flapping Eagle è caratterizzato come un essere camaleontico, a cui appare la visione di “A man reharsing voices on a cliff top: high whining voices, low gravelly voices, subtle insinuating voices … He asked the man what he was doing. The man called back – and each word was the word of a different being: I am looking for a suitable voice to speak in” (Grimus 32).[5] Rushdie significativamente riecheggerà questo paragrafo proprio commentando il suo primo romanzo: “I feel very distant from [Grimus], mainly because I don’t like the language it is written in. It’s a question of hearing your own voice, and I don’t hear it because I hadn’t found it then”.[6]

Non è mia intenzione tentare di rovesciare il giudizio concorde della critica e dell’autore. Grimus è sicuramente catalogabile come opera “minore”, soprattutto se messo a confronto con la produzione successiva di Rushdie. Nondimeno la lettura è risultata piacevole se pur impegnativa, così come d’altra parte anche la traduzione. Inoltre,

“Stories should be like life, slightly frayed at the edges, full of loose ends and lives juxtaposed by accident rather than some grand design. Most of life has no meaning - so it must surely be a distortion of life to tell tales in which every single element is meaningful?" (Grimus 141)

 



[1] In The Guardian Weekend, 4 Novembre 1995, p. 15. Citato in Goonetilleke 1998: 16.

[2] "'But how do they do it?' "Chamcha wanted to know. 'They describe us,' the other whispered solemnly. 'That's all. They have the power of description, and we succumb to the pictures they construct.' (The Satanic Verses 180)

[3] Grimus diventa facile bersaglio per i detrattori accaniti di Rushdie. Peter Kemp, impegnato a demolire l'ultimo romanzo di Rushdie in una recensione su The Sunday Times del 4 aprile 1999, prende avvio proprio da Grimus, definito "a ramshackle surreal saga based on a 12th-century Sufi poem and copiously encrusted with mythic and literary allusion, [which] nosedived into oblivion amid almost universal critical derision".

[4] Intervista a Rushdie in Kunapipi 4.2 (1982): 36. Citato in Johansen 1994: 24.

[5] Brennan sostiene che retrospettivamente questo brano è interpretabile in chiave autobiografica, come una descrizione dell’esperienza di un giovane autore indiano tra gli inglesi (Brennan 1989: 75).

[6] Intervista a Rushdie in Scripsi, 3.2 – (1985): 125. Citato in Cundy 1996: 25.