Il termine strategia, che deriva dal linguaggio militare, ha nel linguaggio generale, il significato di “capacità di raggiungere obiettivi importanti predisponendo, nel lungo termine e con lungimiranza, i mezzi atti a tale scopo” (Dizionario Italiano Sabatini Coletti, 1997). Nell'ambito della traduttologia viene utilizzato sia nella sua accezione più generica sia in diversi sensi più specifici, in alcuni casi mutuati dalla linguistica e dalla psicologia, e il suo significato viene spesso a sovrapporsi con quello di altri termini quali procedure o tecniche (in lingua inglese si incontrano i termini shifts, precedures e techniques) per indicare una tassonomia di operazioni messe in atto durante il processo traduttivo o osservabili come risultato di tale processo.
Séguinot definisce le strategie come “both conscious and unconscious procedures” e “both overt tactics and mental processes” (Séguinot 1991: 82), mentre per Lörscher una strategia è “a potentially conscious procedure for the solution of a problem which an individual is faced with when translating a text segment from one language to another” (1991a: 76). Chesterman (1997: 91) suggerisce invece di distinguere tra strategie di cui un determinato traduttore in un determinato momento fa un uso consapevole ("Azioni") e strategie usate invece inconsapevolmente ("Operazioni"). Certe Operazioni possono diventare Azioni in seguito alla riflessione o alla pratica, e per questo motivo si può ipotizzare che la distinzione tra le due dipenda più dal grado di professionalità del traduttore che da proprietà inerenti alle strategie.
Un primo ambito in cui il termine viene utilizzato è quindi
quello dei cosiddetti "studi di processo" che cercano di descrivere
quello che avviene nella mente del traduttore sulla base di dati empirici in
grado di documentare i processi stessi, mentre un secondo ambito è quello che
utilizza il termine a partire dallo studio dai prodotti anziché dai processi,
cioè dall’analisi delle traduzioni sia a confronto con gli originali che con il
contesto di fruizione nella cultura di arrivo. Questo secondo ambito prende
cioè in considerazione i prodotti testuali anziché i processi che li hanno
determinati, e vede le strategie come "forms of explicitly textual manipulation" (Chesterman
1997: 89, enfasi nell'originale) che possono essere direttamente osservate
esaminando le relazioni che si vengono a stabilire tra originali e traduzioni. In questo senso "strategies
constitute easily accessible descriptive knowledge concerning a kind of
procedural knowledge" (Chesterman 1997: 90).
Se le strategie traduttive sono indagate a partire da dei prodotti, esse devono essere viste come il frutto dell'intero processo di produzione testuali. Come suggerische Vanderauwera (1985), infatti,
"Translation strategies should also
be understood in a wider sense including matters of selection and presentation
as well as the actual formulation of target texts. It is moreover not always
clear which changes in the published target texts are the translator's and
which are the editor's. [The] term "translator" must therefore be
understood as a convenient shorthand for the "processor" who consists
of the actual translator, the editor, the publisher, and all those who
contribute to the production and presentation of the final target text. (Vanderauwera 1985: 12)
Il principale interesse di questo lavoro risiede nello studio di prodotti testuali piuttosto che nel processo di traduzione. Quattro aspetti che emergono dagli studi di processo sono tuttavia rilevanti per le implicazioni che hanno su uno studio delle strategie a partire dalla traduzione come prodotto: la distinzione tra processi consapevoli e inconsapevoli; la distinzione tra strategie e procedure; la distinzione tra strategie linguistiche e strategie traduttive; la distinzione tra strategie globali e strategie locali.