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Un primo dato che emerge da un confronto tra i testi inglesi e le traduzioni italiane è quello relativo al numero delle parole. I testi inglesi sono complessivamente composti da circa 721.000 parole, mentre i testi italiani da circa 750.000, circa il 4% in più. Che le traduzioni siano di fatto "più lunghe" degli originali è un'affermazione comunemente sentita ma raramente dimostrata (cfr. Munday 1998: 545), ma che trova in questo caso una conferma empirica nel corpus elettronico. La figura lunghezza di originali e traduzioni a confronto[1] mostra le sei coppie di testi paralleli disposte in ordine decrescente sull'asse delle ascisse per numero di parole (segnalato sull'asse delle ordinate). Come si può vedere, tutte le traduzioni (colonna di destra) contengono un numero di parole maggiore rispetto agli originali:
Lunghezza di originali e traduzioni a
confronto
Questo dato si presta ad essere interpretato in due diverse maniere: una prima ipotesi è che la maggiore quantità di parole nelle traduzioni sia una conseguenza diretta del processo di traduzione. Una seconda ipotesi è invece chei testi italiani siano più lunghi di quelli inglesi a causa delle differenze strutturali tra queste due lingue.[2] L'ipotesi che le traduzioni (perlomeno di testi narrativi) contengano un maggiore numero di parole degli originali a prescindere dalla lingue coinvolte e dalla direzione della traduzione sembra però confermata da altri studi basati su testi elettronici: Maia (1998), ad esempio, rileva come la traduzione portoghese di un romanzo sia più lunga dell'originale inglese, mentre Munday (1998) fornisce un dato analogo relativamente alla traduzione inglese di un romanzo spagnolo. Una prima analisi quantitativa del CPR sembra dunque sostenere l'ipotesi che le traduzioni contengono più parole degli originali proprio come conseguenza dell'operato dei traduttori. Così come la normalizzazione della punteggiatura, anche l'utilizzo di un maggior numero di parole va in direzione di una lettura più agevole, in quanto maggiore è l'offerta informativa di un testo più lungo e conferma così l'ipotesi di esplicitazione.
[1] Una considerazione metodologica è necessaria riguardo al trattamento di quello che è stato definito l'apparato paratestuale (cfr. intertesti e ipertesti e tra testo e paratesto). Note e glossari sono cioè da ritenersi parte del testo oppure devono essere escluse dal conteggio nell'analisi statistica? Questa considerazione è importante non solo per quello che riguarda la lunghezza dei testi, ma anche relativamente a misurazioni di varietà lessicale (cfr. semplificazione lessicale). Nel corpus ECC, ad esempio (Laviosa 1997) le note sono state escluse dai conteggi statistici e una caratterizzazione delle note come, secondo la definizione di Bartezzaghi (1998) "territorio extraletterario", spazio dedicato all'"intraducibilità", porterebbe in effetti ad ascluderle dall'analisi del testo. Come evidenziato dalla presenza di "casi limite" come le "glosse interlineari" (cfr. le traduzioni italiane) il confine tra "testo" e "paratesto" è molto labile. Note e glossari sono funzionali alla fruizione del testo e il lettore ha accesso diretto ad esse. In questo lavoro note e glossari sono quindi considerate parte integrante dell'"ipertesto" / traduzione. L'inclusione o meno delle note nei conteggi non è sembrato comunque un fattore determinante, dato che una verifica ha rivelato che note e glossari non costituiscono una percentuale rilevante della somma globale (cfr. semplificazione lessicale). Per l'elaborazione grafica dei dati si è fatto uso del programma Microsoft Excel.
[2] Un maggiore numero di parole potrebbe ad esempio essere necessario per esprimere in italiano ciò che l'inglese esprime in maniera sintetica. Si pensi alla traduzione italiana di sintagmi inglesi contenenti un sostantivo in posizione attributiva (computer screen à schermo del computer). Esistono però esempi anche in senso contrario, come nel caso dei pronomi soggetto, che a differenza dell'inglese sono normalmente omessi in italiano. Sulle differenze strutturali tra inglese e italiano cfr. ad esempio Taylor Torsello 1996.