Grimus può essere
considerato un “ipertesto” (nel senso di Genette (1997 [1982]), cfr. ipertesti e intertesti) del
poema persiano del dodicesimo secolo Il
verbo degli uccelli, ad opera del
poeta mistico persiano Farid Ud-din Attar.[1]
Questo romanzo di Rushdie è cioè l’unica sua opera il cui “ipostesto” è
esclusivamente letterario (Goonetilleke 1998: 6).[2]
Dice Rushdie:
“In the poem twenty-nine birds are persuaded by a hoopoe, a messanger of a bird god, to make a pilgimage to the god. They set off and go through allegorical valleys and eventually climb the mountain to meet the god at the top, but at the top they find that there is no god there. The god is called Simurg, and they accuse the hoopoe of bringing them on – oh dear – a wild goose chase. The poem rests on a Persian pun: if you break Simurg into parts – ‘Si’ and ‘murg’ – it can be translated to mean ‘thirty birds’, so that, having gone through the processes of purification and reached the top of the mountain, the birds have become the god. […] Although the plot of Grimus is not that of the poem, it has it at its centre, and that gave me something to cling on to. I was trying to take a theme out of eastern philosophy or mithology and transpose it into a western convention”[3]
Il verbo degli uccelli è il fulcro intorno a cui ruota la narrazione: ad esempio, le sette valli attraverso cui si snoda il percorso degli uccelli (ricerca, amore, conoscenza, distacco, unificazione, stupore e annientamento), rappresentazione simbolica degli stadi attraverso i quali l'anima attinge alla perfezione mistica, coincidono con altrettanti momenti narrativi del romanzo di Rushdie. Così come nel finale del poema gli uccelli "riconoscono nel volto di Simurgh il loro stesso volto" (Saccone 1999a: 20)[4] Aquila Migrante riconosce l'immagine del suo volto in quello di Grimus e i due si compenetrano misticamente attraverso un oggetto alchemico-tecnologico chiamato "Subsumer"; e, come il poema persiano, il romanzo "si risolve nell'autoidentificazione del soggetto con l'oggetto della ricerca", e con un "processo di autoannientamento …, di definitiva dissoluzione di ogni forma individuale di esistenza nell'eternità … del Tutto originario" (Saccone 1999a: 21). Oltre ai motivi mistici è ravvisabile una similitudine nel tipo di linguaggio, che nel poema è "ora allusivo ora scopertamente traslato, comunque tendente a confondere, a suscitare una pluralità di significati" e il cui uso "così sapientemente ambiguo genera un'impressione di oscurità, di equivoco sistematico": (Saccone 1999a: 20): basti pensare al gioco di parole costituito dal nome "Simurg", su cui si basa l'anagramma "Grimus" (cfr. "i giochi di parole")
[1]
Farid Ud-Din Mohammad ebn Ebrahim 'Attar (1119-1230?), noto anche come Attar di
Nishapur (dal suo luogo di nascita) fu autore molto prolifico. Oltre che del Mantiq at-Tair, opera in 4600 versi,
egli viene considerato autore di almeno altri 24 poemi epici. In queste opere
ricorrono esposizioni allegoriche dei temi del misticismo sufista, in
particolare il panteismo monistico che riconosce l’immanenza di Dio in tutte le
cose, e in primo luogo nella conoscenza di se stessi (cfr. Van Donzel, Lewis e
Pellai 1990). Il mito del Simurg rielaborato da Attar nel suo poema era già
stato in precedenza narrato da diversi autori, tra cui i filosofi Ibn-Sena (Avicenna)
e Al-Ghazali. Il poema di Attar è stato
tradotto in italiano con il titolo di Il
verbo degli uccelli (Saccone (tr.) 1999), mentre in inglese è noto con il
titolo "The Conference of the Birds", principalmente nella traduzione
di C. S. Nott. Cfr. anche The Story Of Avicenna And Attar's Birds
[online] http://www.skypoint.com/~mariam/stories/birds.htm.
[2] Una lettura in senso “ipertestuale” è forse presente in Rahimieh, Nasrin. 1988. “Grimus: Salman Rushdie’s First Experiment with Post-modern narrative”. In Literature and Commitment, ed. Govind Narain Sharma. Toronto: TSAR. 116-124. Cfr. la bibliografia annotata in appendice a Fletcher 1994: 361.
[3] ‘Salman Rushdie’, in Novelists in Interview, ed. John Hoffenden (London: Methuen, 1985), p. 245. Citato in Goonetilleke 1998: 6.
[4] La grafia "Simurgh", utilizzata da Saccone, è una delle varianti di traslitterazione del nome dall'alfabeto persiano, trascritto anche come "Simorg" o "Simorgh". Cfr. Encyclopedia Microsoft Encarta 1996, La nuova enciclopedia Garzanti 1985.