Prima di affrontare l'analisi delle traduzioni italiane delle opere di Rushdie si cercherà di delineare il quadro di riferimento teorico all'interno della traduttologia, per definire meglio in che modo una "traduzione" differisce da altri tipi di trasformazione ipertestuale.
Secondo Gideon Toury le traduzioni sono tutti quei testi accettati dalla cultura di arrivo come traduzioni.[1] Toury (1995: 33-35) sostiene che, per essere accettata come tale, una traduzione deve sottostare a tre postulati: a) l'esistenza di un testo di partenza; b) un processo di trasferimento di tipo derivativo e c) una relazione intertestuale. Toury utilizza il termine "relazione intertestuale" nella sua accezione generica di "relazione tra testi" (Genette utilizza in quest'ultimo senso il termine superordinato di "relazioni transtestuali"): una volta che si definisce come "ipertestuale" il particolare tipo di "relazione tra testi" che lega un "originale" a una sua "traduzione", diventano impliciti anche i due postulati precedenti, e si può quindi riformulare una definizione di traduzione come "qualsiasi testo per cui si suppone esistere una relazione ipertestuale con un ipotesto da cui deriva tramite un processo di trasformazione".
Entrambe le definizioni non escludono a priori altri tipi di "ipertesti" come parodie, adattamenti, riassunti e altri tipi di riscrittura creativa (cfr. Genette che definisce l'Ulysses di Joyce come ipertesto dell'Odissea). Ciò che distingue le traduzioni da altri tipi di testi caratterizzati da un rapporto di ipertestualità è il tipo di relazione istituito tra i due testi nella loro interezza e tra possibili suddivisioni al loro interno.
In funzioni linguistiche e tipologie testuali, tipologie di traduzioni, funzioni delle traduzioni letterarie e norme e convenzioni traduttive si esaminano le relazioni che le traduzioni instaurano con i loro "ipotesti". In particolare, si prendono in considerazione alcuni modelli riguardanti la traduzione di testi letterari, generalmente visti come una categoria di testi con caratteristiche che li differenziano da testi appartenenti ad altri tipi testuali.
[1] Come nota Malmkjær, "source
text (ST) - oriented theories of translation, according to which a translation
is not a translation unless it conveys everything that the original conveyed,
find themselves in difficulty when trying to account for the existence of
things which are called translations but which, in the terms of the theories,
would have to be defined as non-translations." (Malmkjær 1998: 35).