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Norme e convenzioni traduttive

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 Toury propone una divisione tripartita del campo di indagine di cui si occupa la scienza della traduzione (Toury 1995: 15-20).

Un primo ambito, che investe gli aspetti più squisitamente teorici della disciplina, riguarda la sfera del possibile (tutto quello che la traduzione può implicare) e la sfera del probabile (la formulazione di leggi probabilistiche in grado di prevedere cosa la traduzione implicherà sotto determinate condizioni). Un secondo ambito riguarda la sfera dell’esistente, cioè lo studio descrittivo di quanto la traduzione realmente implica e dei motivi di tali implicazioni. Il terzo ambito riguarda infine le implicazioni pratiche della scienza della traduzione in settori della disciplina quali la critica della traduzione, la formazione dei traduttori e la produzione di risorse da utilizzare nella pratica della traduzione. Se il primo ambito è caratterizzato come teorico e il secondo come descrittivo, in quest’ultimo ambito si ha a che fare con un approccio di tipo eminentemente prescrittivo.

I modelli presentati in funzioni linguistiche e tipologie testuali, tipologie di traduzioni e funzioni delle traduzioni letterarie sono stati elaborati per rispondere a necessità di didattica e valutazione delle traduzioni e rientrano quindi in un ambito prevalentemente prescrittivo. Toury concentra invece il suo interesse sullo studio descrittivo di quanto osservabile nelle traduzioni esistenti (DTS, Descriptive Translation Studies). Tale approccio risponde, secondo Toury, alla necessità di dare un fondamento empirico alla disciplina ed è una condizione essenziale per poter effettuare il passaggio dal possibile al probabile. Soltanto l’osservazione di quanto, sotto determinate condizioni, realmente avviene può fornire la base empirica per prevedere quali, fra le diverse possibilità teoriche, si realizzeranno più facilmente: “the cumulative findings of descriptive studies should make it possible to formulate a series of coherent laws which should state the inherent relations between all the variables found to be relevant to translation” (Toury 1995: 16, enfasi nell’originale). Gli studi descrittivi sono fondamentali non soltanto per le implicazioni che hanno sull'ambito teorico, ma anche per anche per il terzo ambito di indagine di cui si occupa la disciplina, ovvero, secondo la definizione di Toury, le "estensioni applicate" (critica, didattica, strumenti).

Porre l'accento sul contesto di ricezione di un testo, e quindi sulla cultura nella quale una traduzione appare piuttosto che sulla presunta intenzionalità dell'autore del testo di partenza, significa considerare una traduzione prima di tutto un testo autonomo, con una sua esistenza che prescinde da quella di un "testo di partenza" che pure ne è uno dei presupposti. Il quadro di riferimento diventa allora non più il presunto valore letterario del testo di partenza ma il sistema letterario della cultura della quale una traduzione entra a far parte.[1] Secondo questo modello i testi (letterari) tradotti costituiscono un sottosistema all'interno del sistema della letteratura in una data lingua, e sono le convenzioni e le norme della cultura di arrivo che regolano l'attività traduttiva, piuttosto che le caratteristiche del testo di partenza.

Un fondamentale concetto nello studio dei fenomeni traduttivi in una prospettiva descrittiva è quello di norme, introdotto da Toury alla fine degli anni '70 e successivamente rielaborato da diversi studiosi (cfr. Toury 1995, Chesterman 1997, Schäffner 1997, Pym 1998, Hermans 1999).

Le norme, definite come regolarità di comportamento in situazioni ricorrenti dello stesso tipo, si pongono a metà strada tra le regole assolute e le manifestazioni idiosincratiche e sono delle convenzioni intersoggettive, che rappresentano un grado di accordo rispetto alla "correttezza" di un'azione e costituiscono le “performance instructions appropriate for and applicable to particular situations, specifying what is prescribed and forbidden as well as what is tolerated and permitted in certain behavioural dimensions” (Toury 1995: 55). Secondo Chesterman (1997: 56), inoltre, "[n]orms have two kinds of validation, one based on authority (they are validated by a norm authority) and one based on practice (if a norm is acknowledged to exist, it is automatically acknowledged to be valid)."

Il termine norme ha per Toury un valore esclusivamente descrittivo e riguarda dei comportamenti empiricamente osservabili nei dati testuali.  L'analisi delle norme non può però, secondo Pym (1998) prescindere dal contesto sociale di produzione e ricezione delle traduzioni: "[t]ranslation norms should be discovered by looking at two kinds of material: primary texts (in this case translations), to see what translators have actually done, and secondary (thoeretical or critical) statements about what translators should be doing, what they want to do, or what they are seen to be doing." (Pym 1998: 11). È necessario cioè mettere in relazione i dati ricavabili empiricamente dall'osservazione delle traduzioni con le teorie, implicite od esplicite, dei traduttori e di altri soggetti sociali coinvolti nell'azione traduttiva, così come espressi in recensioni, "commenti" sulle traduzioni (prefazioni, postfazioni, ecc.), manuali di traduzione.

Le norme sono una funzione dei valori e delle idee generali di una data comunità, e sono storicamente e geograficamente determinate. Esse possono cambiare nel tempo: le norme riguardanti la traduzione durante il ventennio fascista non sono rimaste immutate al finire del secolo (cfr. i nomi dei personaggi); e possono cambiare nello spazio: le norme riguardanti la traduzione di testi per il mercato americano anglofono non sono le stesse che sottendono al mercato italiano; possono infine cambiare a seconda del tipo di attività e al contesto della comunicazione: le norme che riguardano l’interpretazione simultanea o la traduzione di testi giuridici non sono le stesse che regolano la traduzione di testi letterari.

Alcuni autori, come Nord, utilizzano il termine "convenzioni" come sinonimo di "norme", mentre per altri "convenzioni" e "norme" sono solamente due diverse posizioni in un continuo che va dai comportamenti idiosincratici alle leggi (ad esempio leggi che impediscono la traduzione di determinate opere). La differenza tra le due consiste principalmente nel fatto che mentre le prime esprimono solo delle preferenze (e quindi non comportano delle sanzioni), le seconde sono vincolanti. Si tratta in ogni caso di una differenza di grado più che di sostanza: l'esistenza di determinate norme prevalenti non significa automaticamente un comportamento uniforme da parte dei traduttori. Sono anzi questi ultimi che mediando tra diverse norme procedurali in conflitto tra loro influiscono sul prevalere delle une o delle altre.

Le norme sono negoziate dai traduttori nel contesto in cui avviene la traduzione. Per descrivere questo particolare tipo di contesto Pym (1998: 125-142) introduce il concetto di "regime",[2] derivato dal campo delle relazioni internazionali e definito come un "set of principles, norms and decision-making procedures" basato sulle aspettative dei partecipanti. Pym sottolinea cioè il ruolo dei traduttori come agenti di cambiamento, suggerendo un'analogia tra i principi etici dei traduttori e quelli dei negoziatori internazionali, il cui scopo è quello di facilitare le relazioni in un campo particolare.[3] I traduttori sono cioè guidati da dei principi etici, avendo come prima opzione quella di rifiutare di tradurre determinati tipi di testi o determinate condizioni di lavoro.

 



[1] Lo studio della letturatura come sistema di relazioni tra testi piuttosto che come corpus canonico di opere di grandi autori è al centro della teoria polisistemica (cfr. Even-Zohar 1995 [1978]), che ha esercitato una notevole influenza sulla sui concetti eleborati da Toury.

[2] Secondo Pym il concetto di "regime" è più adatto di quello di "sistema" per descrivere le relazioni tra traduzioni, altri testi e contesto in quanto sottolinea l'aspetto dinamico delle norme e sposta l'accento da relazioni di tipo formale a relazioni tra soggetti sociali (cfr. Schäffner 1997, Pym 1998, Hermans 1999).

[3] Come nota Chesterman, Pym sottolinea l'aspetto positivo delle norme che, tuttavia "may be felt more negatively as constraints" (Chesterman 1997: 56) Cfr. anche Lefevere 1992.