I nomi dei personaggi |
Grimus è un testo estremamente “denso” di citazioni allusive e giochi linguistici, anch’essi spesso utilizzati in funzione allusiva. Uno dei luoghi in cui tale densità maggiormente si manifesta è nei nomi propri. Per comodità di analisi si distinguerà tra i nomi propri dei personaggi del romanzo e altri nomi citati con funzione allusiva (sia in riferimento a persone che a luoghi). Tra i nomi propri si distinguerà tra citazioni (l’uso di un nome in funzione allusiva) e giochi di parole.
Al pari di molti altri autori di testi letterari, Rushdie altera
il gioco delle coincidenze che normalmente regola l’attribuzione dei nomi
propri nella vita reale per far sì che i nomi riflettano il destino narrativo
dei propri personaggi. Si tratta di una tecnica che, per rimanere nell’ambito
della letteratura anglosassone, ha noti precedenti: per citare alcuni tra gli
esempi più noti, basti pensare ai Morality
Plays medievali, al teatro elisabettiano e della restaurazione, o ai
romanzi di Dickens.
Manini (1996) analizza diverse traduzioni che di queste opere sono state pubblicate in Italia nel corso del ‘900, con particolare riferimento alle commedie della restaurazione e ai romanzi di Dickens.[1] Dall’analisi del corpus di traduzioni prese in esame da Manini emergono alcune costanti. Per quanto riguarda le commedie del periodo della Restaurazione, i nomi dei personaggi non subiscono alcuna modificazione nei testi italiani rispetto a quelli inglesi,[2] ma nella grande maggioranza dei casi vengono fornite, in note a piè di pagina o nell’introduzione, delle glosse o delle spiegazioni sul loro significato. Nelle traduzioni dei romanzi di Dickens viene posta in atto una simile strategia per quanto riguarda i nomi “significativi”, per i quali però è generalmente più limitato l’apparato critico-esplicativo, mentre in nomi propri “comuni” vengono in molti casi italianizzati. Le strategie utilizzate riflettono diverse possibili norme traduttive: innanzitutto, il corpus di traduzioni relativo alla commedie del periodo della Restaurazione è limitato al periodo successivo agli anni ’50, e il loro contesto di pubblicazione (in particolare l’apparato critico che circonda i testi) suggerisce che queste traduzioni siano generalmente motivate da un intento filologico e siano da riferire più allo studio accademico della letteratura inglese che “to the throbbing heart of Italian letters” (Manini 1996: 173). Diverse sono invece le considerazioni riguardanti le traduzioni di Dickens. Il corpus copre un periodo che va dagli inizi del secolo al periodo attuale, e l’italianizzazione del nomi propri “comuni” riguarda le traduzioni portate a termine nella prima metà del secolo, verosimilmente un riflesso della politica culturale “autarchica” del periodo fascista. L’”italianizzazione” dei nomi propri “comuni” nelle traduzioni di Dickens nella prima parte del secolo è visibile come un riflesso di un generale atteggiamento verso la lingua e la cultura, atteggiamento che ha subito un rovesciamento in anni più recenti, non solo per quanto riguarda la traduzione dei testi letterari: si pensi ad esempio all’attuale propensione a lasciare in lingua inglese i titoli dei film distribuiti in Italia. Il fatto invece che i nomi propri “significativi” rimangano invariati in traduzione è, secondo Manini il probabile risultato di due serie di considerazioni: da un lato la difficoltà interpretativa delle creazioni idiosincratiche di Dickens, in cui i nomi dei personaggi sono estremamente suggestivi ma traducibili con "equivalenti" formazioni idiosincratiche in un’altra lingua solo a rischio di un forte riduzionismo semantico; dall’altro il fatto che “translating names – however rich in meanings – would bring about an importanti shift from the quintessentially English atmosphere in which Dicken’s characters are steeped” (1996: 170). Nel caso delle traduzioni delle commedie del periodo della Restaurazione, inoltre, il contesto “accademico” può senz’altro essere pensato come determinante per il ricorso alle note e all’apparato critico esplicativo. Dall’analisi diacronica di Manini emerge come le norme che sottendono a determinate strategie traduttive siano determinate da un lato storicamente (ad esempio dalla politica culturale fascista) e dall’altro contestualmente dallo scopo della traduzione e dal pubblico a cui essa si rivolge (dei lettori interessati alla letteratura inglese in quanto tale ma non in grado di leggerla agevolmente in lingua originale nel caso delle commedie della Restaurazione) (cfr. norme e convenzioni traduttive)
Il “cast internazionale” di Grimus, che comprende russi, irlandesi, francesi, inglesi, abissini, nordamericani ecc., contribuisce alla sensazione di “indeterminatezza” del romanzo, al suo essere privo di un luogo e di un tempo preciso di riferimento. I nomi propri sono scelti in base alle assonanze che evocano in lingua inglese, mischiando mondi reali e mondi letterari, piuttosto che a un qualche tipo di rigore filologico.[3] I nomi, siano essi nomi attribuiti ai personaggi o ai luoghi, assumono un ruolo costitutivo in quanto è proprio attraverso di essi che Rushdie costituisce una prima rete di indizi interconnessi. I nomi funzionano sia in rapporto al contesto immediato nel quale sono inseriti, il testo stesso, sia in rapporto al contesto culturale a cui rimandano.
Ad esempio, all’inizio del romanzo si incontra la parola "Phoenix", intesa come toponimo, e questa parola allude, oltre alla città americana che porta questo nome (ma che non è esattamente la stessa) alla Phoenix intesa come uccello del mito, che in quanto tale entra in rapporto con l’uccello mitico per eccellenza del romanzo, il Simurg. Rapporto che viene esplicitato nel capitolo finale di Grimus: una delle stanze di Grimusland contiene infatti immagini di uccelli, e in particolare una grande figura che occupa un’intera parete:
Bastava una sola occhiata alla gloriosa creatura variopinta raffigurata su di essa. Era il Rukh di Sinbad,[4] la Fenice del mito: il Simurg. |
One look at the glorious parti-coloured creature depicted there was enough. This was the Roc of Sinbad, the Phoenix of myth: Simurg himself. (Grimus 226). |
In altre parole la parola Phoenix posta all’inizio del romanzo è in indizio, un’anticipazione del finale in cui Grimus vuole dare attuazione al suo autoproclamato destino di Simurg/Phoenix, attraverso la pianificazione della propria morte e rinascita metaforica dalle proprie ceneri nella persona di Aquila Migrante.[5] Ancora più evidente risulta la continuità semantica della parola se si consulta una concordanza (cfr. dall'ipertesto all'ipotesto) nell’ordine in cui appare nel testo:
1.
Flapping
Eagle Bird-Dog Mr Sispy Phoenix La
Femme-Crampon Voyages
2.
r of
obsession. The town was called Phoenix
because it had risen from the
3.
lier
and much larger city also called Phoenix.
Nobody knew why the city had
4.
ia
Cramm drove through towns like Phoenix,
she kept her eyes skinned, wh
5.
kept her eyes skinned in towns like Phoenix because they were full of youn
6.
hen Mrs
Cramm had noticed him in Phoenix. He
would have felt a great de
7.
made his way inland to Axona and Phoenix, where the whole cold trail be
8.
ly
vanished. - Sispy? said people in Phoenix.
That some kind of a preevert
9.
never a Bird-Dog or Sham-Man or Phoenix: perhaps not even a Livia Cram
10. sion of bird-gods in Antiquity. The Phoenix. The Roc. The Homa. The Garuda
11. ed him of old films in the fleapit at Phoenix, illicitly visited. The Redski
12. those old films seen in the fleapit
at Phoenix filled the streets; K had
beco
13. gh. This was the Roc of Sinbad, the Phoenix of myth: Simurg himself. The
14. ed by them. The similarity with the Phoenix myth is self-apparent. Through
15. h death, the annihilation of self,
the Phoenix passes its selfhood on
to its
16. led by. - You are he next life of
the Phoenix, repeated Grimus. The
Phoenici
17. manner of your going and give the Phoenix a new life, a new beginning.
La prima apparizione della parola è nell’indice, come titolo del quarto capitolo. Dalla riga 2 alla riga 12 si parla invece della città, con l’unica eccezione della riga 10, dal sapore anticipatorio, in cui il riferimento è all’uccello mitico ma rimane ancora vago essendo inserito in un elenco di consimili creature. Nelle righe successive il rapporto viene progressivamente esplicitato.
Nella traduzione italiana il nome della città (del villaggio) nordamericana viene riprodotto nella medesima grafia, mentre per l’uccello mitico si adotta il nome convenzionalmente utilizzato in lingua italiana, (la) Fenice. Il legame risulta quindi in qualche modo indebolito in quanto viene a cadere la corrispondenza omografica tra le due parole, ma non per questo viene a cadere, se si presuppone un lettore non totalmente ingenuo e in grado di cogliere la relazione.
Si possono raggruppare i nomi attribuiti ai personaggi in Grimus in diverse categorie, per ciascuna delle quali si sono adottate diverse procedure traduttive.
a) nomi propri di personaggi storici “transculturali”, per cui si può presupporre una conoscenza comune nel mondo occidentale e per cui inglese e italiano dispongono di convenzioni di scrittura standard (Virgil / Virgilio; Napoleon / Napoleone);
b) nomi propri di personaggi storici maggiormente legati a conoscenze culturali specifiche, per cui si può presuppore un diverso grado di familiarità nella cultura inglese e in quella italiana. (Florence Nightingale, Chanakya), conosciuti in maniera più o meno simili nella cultura italiana e in quella inglese;
c) nomi propri frutto di giochi di parole (O’Toole; Kamala Sutra);
d) nomi propri connotati “nazionalmente” (nomi di indiani americani, nomi di cowboys americani, nomi russi, nomi inglesi).
Alcuni personaggi hanno un nome composto da diverse parole, altri ancora hanno più di un nome, di modo che essi rientrano in più di una categoria. Le categorie identificate, inoltre, non corrispondono a soluzioni traduttive omogenee, in quanto ciascun nome proprio costituisce in una certa misura un caso a sé in virtù del significato che assume contestualmente nel romanzo. Gli esempi citati qui di seguito non esauriscono la totalità delle traduzioni utilizzate per i nomi propri, per le quali si rimanda alla tabella i nomi dei personaggi in Grimus.[6]
I primi nomi propri che compaiono nel romanzo sono quelli di Grimus (nel titolo) e di Aquila Migrante (titolo del primo capitolo). Il meccanismo di composizione del primo (anagramma di un altro nome proprio basato a sua volta su un gioco di parole) è spiegato nel corso del romanzo, fatto questo che vincola a una traduzione di minimo cambiamento, cioè alla riproduzione del nome con una grafia immutata. Anche questo tipo di operazione determina però un cambiamento del significato del nome del personaggio rispetto al testo. Mentre il gioco di parole in lingua persiana (Simurg come nome proprio e come sintagma nominale con il significato di “trenta uccelli”) è oscuro a un lettore italiano quanto a uno inglese, motivo per il quale deve essere disambiguato per entrambi esplicitamente nel testo, il valore allusivo della parola anagrammata cambia in base alla lingua a cui è rapportata. Mentre ad esempio il rapporto fonetico tra “grimus” e “grimace” ravvisabile per l’inglese è semmai ancora più forte all’interno della lingua francese, ed è infatti esplicitato dalla copertina della traduzione francese del 1977, ad opera di Françis Delivré, che presenta una specie di maschera con un’espressione distorta in un ghigno, in italiano la parola "grimus" conserva forse solamente un tono evocativo suggerito dalla desinenza latineggiante. Diverso è invece il discorso per quanto riguarda Aquila Migrante. Sia il suo nome che quello della sorella Uccello-Cane rientrano nella tradizione onomastica degli indiani americani in cui una persona viene associata ad un animale (si pensi a Toro Seduto o Cavallo Pazzo) o a un elemento naturale e conosciuti tradizionalmente in Italia in una traduzione letterale dall’inglese, che a sua volta è una traduzione dalla lingua nativa, in questo caso quella della tribù degli Axona. Entrambi rivestono un valore simbolico: il nome del protagonista è, come si è detto, un riferimento al Distruttore della mitologia amerindia, mentre il nome della sorella riflette il ruolo da lei ricoperto di "schiava di Grimus". Mentre il nome della seconda è tradotto letteralmente come Uccello-Cane, lasciando immutata la sua funzione, per il nome del primo si è scelto, al pari della traduzione francese, di rendere esplicita una particolare interpretazione. Nel testo francese il protagonista diventa Aigle Errant, allusione alla figura dell’Ebreo Errante (allusione presente nel testo inglese attraverso i riferimenti a The Rime of the Ancient Mariner di Coleridge),[7] mentre in italiano la scelta di Aquila Migrante rimanda al tema del migrante che viene ampiamente sviluppato in tutta la narrativa successiva di Rushdie (cfr. traduzione e migrazione) Nel testo italiano, dunque, il nome proprio rimanda a un intertesto costituito dal corpus delle traduzioni italiane dei romanzi dello scrittore, oltre alle interpretazioni di essi che si sono accumulate nel corso del tempo. Mentre il nome Aquila Migrante è frutto di un cambiamento marcato rispetto al corrispondente nome nel testo inglese, gli altri due nomi con cui il protagonista è conosciuto prima di assumere il proprio nome da guerriero sono il risultato di un “cambiamento minimo”. Nato-da-Morta è una traduzione letterale del sintagma inglese Born-from-Dead, mentre Joe-Sue riproduce la coppia di nomi contrapposta del testo originale, con la funzione di denotare l’ambiguità sessuale del personaggio. La scelta di lasciare immutati i nomi propri anglofoni è motivata dalla loro riconoscibilità nel contesto italiano come due nomi propri, il primo maschile e il secondo femminile, mentre la traduzione del sintagma Born-from-Dead privilegia il significato referenziale delle parole che lo compongono utilizzando il modello adottato per la traduzione degli altri due nomi connotati come indiano-americani. Nella traduzione tedesca, in cui tutti i nomi propri compaiono così come si trovano nel testo inglese,[8] la traduttrice ha dovuto fare ricorso ad una glossa esplicativa affiancando al nome Born-From-Dead una traduzione letterale in tedesco la prima volta che compare nel testo, per colmare quello che altrimenti si sarebbe presentato come un vuoto informativo.
Molti dei nomi degli altri personaggi alludono, almeno in parte, a determinate figure storiche. Nel nome Virgilio Jones è, ad esempio, evidente l’allusione alla guida dantesca, così come in Flann Napoleone O’Ritt il riferimento è al condottiero francese e in Ignazio Quasimodo Gribb al santo gesuita spagnolo. In tutti questi casi si è fatto ricorso alle convenzioni ortografiche della lingua italiana, considerato che si tratta di allusioni a dei personaggi presumibilmente conosciuti tanto al lettore italiano quanto a quello inglese.
Il nome completo di Virgilio nel testo inglese è Virgil Beauvoir Chanakya Jones. Mentre per il primo nome proprio si è utilizzato il nome con cui il poeta latino è conosciuto in Italia, i due nomi intermedi e il cognome sono rimasti inalterati. Sia Chanakya che Beauvoir alludono a riferimenti culturali non appartenenti alla cultura anglosassone più che a quella italiana. Entrambi sono “nomi che risuonavano di storia”: Chanakya è
un antico re-filosofo … [che] diceva che il mondo non era né quello che sembrava, né quello che non sembrava, né di più, né di meno, ma tutte queste cose. |
an ancient philosopher-king of that name, [who] used to say that the world was neither what it seemed, nor what it did not seem, nor more, nor less, but all those things. (Grimus 51) |
Il fatto che l'allusione venga spiegata (in entrambi i testi) significa che entrambi i testi veicolano la presupposizione che il riferimento non verrebbe altrimenti colto. Di Beauvoir non viene detto nulla, ma presumibilmente il riferimento è a Simone de Beauvoir e indirettamente alle tematiche esistenzialiste. Il cognome, Jones, può nel testo italiano, essere letto come un’allusione a Indiana Jones, l’avventuriero creato dal regista americano Spielberg. Tale allusione non è naturalmente ravvisabile nel testo inglese, in quanto esso è precedente al primo film della serie che vede questo personaggio come protagonista, Raiders of the Lost Ark, uscito nel 1981. Il fatto che un recensore della traduzione tedesca attribuisca tale intenzione a Rushdie (Blom 1998) può essere letto non solo come un’imprecisione storica, ma anche come una conferma di quanto ogni allusione nel testo sia una funzione dell’interpretazione dei lettori prima ancora che dell’intenzionalità dell’autore.
Per quanto riguarda Flann Napoleone O’Ritt, mentre il nome di mezzo stabilisce una rete di connessioni con il nome del locale da lui gestito, l'Elbaroom, con il palindromo citato da Virgilio Jones (cfr. i giochi di parole), e con il ruolo da lui ricoperto nel capitolo finale del romanzo quale “condottiero” del gruppo di assassini “incaricati” da Grimus del proprio omicidio,[9] il nome Flann si può forse pensare a un riferimento, oltre che a una generica “irlandesità”, alla scrittrice americana Flannery O’Connor.[10] Il cognome è invece un riferimeno ironico all’impotenza sessuale dell’uomo, a cui alludono anche le pratiche autoerotiche della moglie Dolores nel primo capitolo.[11] Anche nella traduzione delle tre parti del nome di questo personaggio si è fatto quindi ricorso a tre procedure diverse: il primo (Flann) è rimasto invariato rispetto al testo inglese, il secondo è stato adattato alle convenzioni italiane e il terzo è stato modificato in modo più marcato, al fine di fargli assumere il carattere allusivo che nel testo inglese è ravvisabile nel nome O’Toole. Il nome Dolores, infine, in quanto "ispanico" rimane immutato nel testo italiano può invece rimandare indirettamente ai personaggi dei romanzi latino-americani.[12]
[1] Manini (1996: 164-166) propone quattro diversi criteri tipologici per l’analisi di questa pratica onomastica: l’intertestualità, cioè l’uso di nomi che rimandano a personaggi storici, mitici o letterari ben conosciuti ai lettori; l’esotismo, cioè l’uso di nomi (più o meno autenticamente) stranieri per introdurre una nota di colore locale; la struttura morfologica, con l’introduzione di composti basati sulla modificazione di termini tratti dalla lingua comune, con diversi gradi di trasparenza comunicativa; la misura in cui i nomi propri contribuiscono alla caratterizzazione dei personaggi.
[2]
Unica eccezione risulta essere una traduzione di The Beggar’s Opera di John Gay (Pignolo,
Ginetta (tr.) 1955. L’opera del mendicante), in cui vengono forniti degli
equivalenti italiani, “but then for some obscure reason the translator uses
this technique for some of the names only” (Manini 1996: 169).
[3] Così come sarà per i personaggi dei Versi Satanici (Chamcha / Spoono, Alleluia Cone, ecc.)
[4] Il riferimento è a un uccello enorme, che ciba i suoi piccoli con elefanti, e Sindbad approda ad un certo punto in un isola che in realtà è un suo uovo. La grafia italiana, Rukh, riproduce quella della traduzione italiana di Le mille e una notte pubblicata da Einaudi (Gabrieli (tr.) 1972 (3): 16-18, 40-41).
[5] Nel rapporto tra Flapping Eagle e Grimus, Johansen (1994: 26) scorge un’eco del rapporto tra Prospero (Grimus) e Calibano (Flapping Eagle) nella Tempesta di Shakespeare.
[6] La tabella riporta i nomi di tutti i personaggi del romanzo, rispettivamente nelle traduzioni italiana, francese e tedesca, oltre che nell'originale inglese.
[7]
Prima di arrivare sull’Isola Cappa, Aquila Migrante gira il mondo come
marinaio. “ Era l'aquila, re degli uccelli; ed era anche l’albatro. Lei gli si
strinse al collo e morì, e il marinaio divenne l'albatro.” Come nota Lappihalme “any non-ornithlogical
mention of an altratros is likely to
be an allusion to Coleridge’s Ancient Mariner” (1997: 65).
[8] Unica eccezione è il nome Ignatius Quasimodo Gribbs, dove la “s” finale del cognome modifica il Gribb del testo inglese. Una spiegazione a ciò si può forse vedere nell’esigenza di conservare la rima con la parola Witz nella filastrocca: “Frida Gribbs / Frida Gribbs / Brachte ihren Gatten um, / und das ist kein Witz”
[9] “Non potrà resistere al pensiero di giocare al Napoleone, di guidare un’armata di invasori.”
[10] “Most of her life was spent in Milledgeville, Georgia, where she raised peacocks and wrote. O'Connor's work, essentially two novels and two volumes of short stories, has been described as an unlikely mixture of southern Gothic, prophecy, and evangelistic Roman Catholicism.” Dall’Encyclopedia Microsoft Encarta.
[11] “ Dolores O’Ritt era una cattolica apostata. A volte ricavava un piacere profano dall'atto di stimolarsi con candele da chiesa, o apostoliche. Lo faceva perché era separata dal marito ma non dai propri desideri. Il suo ex marito, il signor O’Ritt, gestiva un locale pubblico a K, la città situata sugli alti pendii di Monte Cappa, e lei non nutriva una buona opinione di K in generale, dei locali pubblici in particolare e di suo marito in modo ancor più particolare”.
[12] In Dolores si può forse vedere una prefigurazione della figura di Rosa Diamond in I versi satanici.