Translation and Globalization
Michael Cronin (2003)
Routledge: London and New York, pp. 197
Reviewed by: Claudia Checcacci
Il volume Translation and Globalization dello studioso irlandese, attivo presso la Dublin City University, è un viaggio attraverso il nuovo scenario mondiale modellato dall’economia globale, alla riscoperta dell’importanza della traduzione e della persona del traduttore, in qualità di veicolo di trasmissione e salvaguardia della varietà culturale che caratterizza il nostro pianeta. Quello che colpisce e rende la lettura affascinate è una costante tensione a sottolineare il valore della pratica traduttiva in tutte le sue forme: da quella tecnica – alla quale viene dedicata un’attenzione particolare – a quella letteraria, comunque soggetta alla spietata razionale del mercato globale. Cronin rifiuta di appiattire l’opera traduttiva ad una mera sostituzione di parole da una lingua all’altra: il suo intento è piuttosto quello di metterne in luce la complessità, quale attività di difficile definizione, situata nell’oscuro territorio di confine tra culture diverse, ma ineludibile fattore di arricchimento culturale, di preservazione delle tradizioni e delle lingue minoritarie.
Il percorso del libro si articola in cinque capitoli, dal generale al particolare: 1. Translation and the global economy; 2. Globalization and new translation paradigms; 3. Globalization and the new geography of translation; 4. Globalization and the new politics of translation; 5. Translation and minority languages in a global setting. Nel primo i riflettori sono puntati sulla globalizzazione e sulle innovazioni economiche e tecnologiche che ne hanno determinato la diffusione; qui vengono proposti alcuni concetti fondamentali che verranno ripresi più volte nel corso di tutta l’opera: il nuovo rapporto tra tempo e spazio all’intero della rete di comunicazione globale e la circolazione pressoché istantanea di una enorme quantità d’informazione, tanto da valere alla società odierna l’appellativo di informational society. Ogni parte della produzione industriale viene infatti regolata dall’elaborazione di questo flusso informativo e gli strumenti tecnologici sono diventati complemento fondamentale dell’azione umana e di quella del traduttore. Quest’ultimo è un tassello indispensabile nel puzzle che rappresenta la progettazione e la commercializzazione mondiale del prodotto, poiché il suo contributo permette di distribuirlo contemporaneamente in più mercati di destinazione, che parlano lingue diverse. Essa è quindi una componente importante della globalizzazione, sebbene intrattenga con questa un rapporto complesso: da un lato, infatti, la traduzione sembra opporsi ad essa, poiché contribuisce a mantenere viva la diversità all’interno della dilagante omogeneizzazione; dall’altro è una necessità irrinunciabile, poiché permette ai prodotti globali di raggiungere con successo realtà culturali periferiche.
Oggetto del secondo capitolo è proprio l’analisi del network di comunicazione, descritto in tutti i suoi aspetti. In questo contesto viene sollevata la centrale problematica dell’esclusione dalla rete e ne vengono sottolineate le conseguenze di totale estromissione dal flusso informativo e quindi dagli scambi economici mondiali. In quella che sembra l’espansione inarrestabile di una rete capillare, che fagocita stati nazionali, lingue e culture sotto il dominio di un anonimo modello sopranazionale, l’autore sente il forte bisogno di riscoprire una dimensione umana, incentrata sull’azione positiva dell’individuo. Il ridimensionamento parte proprio dalla definizione del ruolo degli stati nazionali, senza il cui supporto la globalizzazione non avrebbe mai trovato attuazione. Nelle loro decisioni politiche risiede infatti la possibilità di tutelare le identità culturali minoritarie e di riconoscere la traduzione come l’elemento funzionale al loro mantenimento. Il traduttore ha quindi una responsabilità dinamica: egli deve cioè riguadagnare piena consapevolezza del suo ruolo all’interno della società e deve agire in modo propositivo e selettivo, vagliando cioè tutte le informazioni in circolazione, ma scegliendo soltanto quelle più rilevanti. Così, la traduzione potrà divenire il punto di contatto reale tra passato e presente e fortificare il comune sentimento d’appartenenza culturale, trasmettendo anche valori provenienti da altre tradizioni e sensibilità. Il terzo capitolo prosegue sulla scia del secondo, raccontando la storia di successo dell’Irlanda, paese un tempo arretrato, situato in una posizione geografica marginale, oggi divenuto il centro più accreditato in Europa per la localizzazione di software e di materiale multimediale. Le vicende di questo paese dimostrano, da un lato, il ruolo centrale giocato dal governo nazionale nell’attuazione di politiche capaci di attrarre investimento estero e dare avvio ad uno sviluppo tanto potente da renderlo il leader europeo della localizzazione; dall’altro l’Irlanda, paese da sempre minacciato dalla vicina potenza imperiale inglese, è l’emblema della necessità di mantenere vive le tradizioni culturali e la storia comune, collante di un popolo disperso in ogni parte del mondo.
La traduzione, intesa come voce delle culture oppresse, diventa pericolosa ed indesiderata per il conquistatore, che si sente minacciato ed è restio a riconoscerne il valore oggettivo. Cronin definisce l’indifferenza come la forma di censura più subdola della storia, a cui al giorno d’oggi è sottoposto il mestiere di traduttore. Nel quarto capitolo viene precisata la nuova condizione professionale del traduttore, caratterizzata dalla sempre maggiore dipendenza dalla tecnologia necessaria a rispettare le scadenze sempre più pressanti imposte dal mercato. Queste condizioni non risparmiano purtroppo neanche l’ambito della traduzione letteraria, secondo grande filone tematico di questo capitolo. La discussione si concentra sulla confutazione del concetto di traduzione quale scomodo “doppione” della cultura dominante e tocca tematiche centrali della traduzione letteraria. La principale è la naturale incompletezza di ogni tentativo traduttivo, dato che il testo di arrivo, per funzionare nella cultura di destinazione, deve essere rivisitato e basarsi su una struttura autonoma, in cui si possano riconoscere i segni evidenti della paternità del testo originale. Ancora una volta, è ribadito il valore del traduttore come custode dell’identità culturale, in questo caso come fonte di arricchimento del patrimonio letterario da cui gli intellettuali possano trarre ispirazione per le loro creazioni. Il libro si conclude con un’allarmante panoramica sull’estinzione delle lingue minoritarie del mondo, che sta avvenendo sotto lo sguardo indifferente ed inconsapevole dei più. In questo terribile scenario, Cronin lascia aperta la domanda riguardo la responsabilità della traduzione rispetto alle realtà linguistiche che rischiano di scomparire: ulteriore fattore di omogeneizzazione o elemento decisivo al mantenimento delle diversità culturali?
La lettura di questo libro è piacevole e molto interessante, dato che l’autore è dotato della rara capacità di guarnire anche gli argomenti più tecnici con inusuali episodi didascalici che, esemplificando i concetti da lui presentati, alleggeriscono la difficoltà dell’argomento. Le tematiche trattate sono di ampio respiro e vengono tutte contestualizzate concretamente. Si nota un’attenzione particolare a mettere in luce l'utilità reale della traduzione nell'incoraggiamento del lettore a riconoscerne il grande valore ed il potenziale per la preservazione del patrimonio linguistico e culturale. Gli unici nei che possono essere segnalati sono di minore entità rispetto alla portata di quest’opera: il primo è la grande idealità con cui è tratteggiato il profilo del traduttore e del suo mestiere. La fiducia in un tempestivo riconoscimento da parte degli stati dell’importanza della traduzione e quindi in una revisione e rivalutazione dello status del traduttore, anche in termini di retribuzione, è forse eccessiva. In secondo luogo, si riscontra in alcuni passaggi anche una certa prolissità espositiva, che a volte non lascia capire immediatamente l’intento principale dei capitoli, costringendo il lettore a ritornare sui suoi passi per recuperare il filo del discorso. L’opera di Cronin è sicuramente un’ottima occasione, sia per i professionisti che per i meno esperti, per ottenere un’ampia panoramica sui cambiamenti che hanno mutato le dinamiche politiche ed economiche della nostra società, e, principalmente, sul nuovo compito che la traduzione riveste in questo contesto.
©inTRAlinea & Claudia Checcacci (2005).
[Review] "Translation and Globalization", inTRAlinea
Vol. 7
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