Il cinema di lingua spagnola in Italia.
Tra narrazione e doppiaggio in Abre los ojos di Alejandro Aménabar
By Maria Grazia Scelfo (University of Roma Tor Vergata, Italy)
Abstract
English:
In the present paper attention is focused on the translation for dubbing in italian of Alejandro Amenábar’s thriller Abre los ojos in relation to some particular problems. To this end, considering that a film implies a reflection on the different elements that compose it, its language and network of images, sounds and plot, the analysis of the film starts with the perspective of three reading levels: the narrative one, that of language and of ideology. This will be done both in order to determine to what extent and how far, in the final product, were respected the parameters of the original, and to reflect on different aspects of real and imaginary film.
Italian:
Il presente lavoro si basa sulla traduzione per il doppiaggio in italiano del thriller di Alejandro Amenábar Abre los ojos in relazione ad alcuni problemi specifici. A questo proposito, considerando che il cinema è un linguaggio interdisciplinare e anche arte narrativa, si analizza il film dal punto di vista di tre livelli di lettura: il livello della narrazione, quello della lingua e quello dell’ideologia sia al fine di stabilire in che misura e fino a che punto nel prodotto finale sono stati rispettati i parametri dell’originale, sia per riflettere sui diversi aspetti reali o immaginari della pellicola.
Keywords: legal thriller, dream, reality, narration, language, translation for dubbing, ideology, sogno, realtà, narrazione, lingua, traduzione per il doppiaggio, ideologia
©inTRAlinea & Maria Grazia Scelfo (2013).
"Il cinema di lingua spagnola in Italia. Tra narrazione e doppiaggio in Abre los ojos di Alejandro Aménabar"
inTRAlinea Special Issue: Palabras con aroma a mujer. Scritti in onore di Alessandra Melloni
Edited by: Maria Isabel Fernández García & Mariachiara Russo
This article can be freely reproduced under Creative Commons License.
Stable URL: https://www.intralinea.org/specials/article/2010
1. Introduzione
Abre los ojos, abre los ojos, abre los ojos.
È la voce registrata proveniente da una sveglia, ripetuta con insistenza più volte, con cui inizia e termina il film dall’omonimo titolo. César, il protagonista, si alza, si fa la doccia, si veste ed esce in macchina percorrendo le strade di una Madrid surreale, completamente deserta. Sbalordito, si ferma, scende e comincia a correre spaventato. Un orologio segna le dieci. Cambio scena. Siamo nella sezione psichiatrica di un carcere, dove César sta raccontando allo psichiatra questo sogno che prelude ai fatti che lo hanno portato fin lì.
Cambia di nuovo scena e si sente un’altra volta la voce della sveglia che recita abre los ojos. Il nostro protagonista compie le stesse identiche azioni già descritte, ma questa volta le strade di Madrid sono affollate come di norma.
Già da queste prime sequenze si intravede la struttura della pellicola, drammatica e metaforica da un lato; giocata tutta sull’ambiguità tra sogno e realtà dall’altro lato.
In altre parole, si tratta di uno psicothriller di tipo fantascientifico con personaggi chiave psicopatici che, sotto l’effetto di droga o di psicofarmaci, uccidono e finiscono per suicidarsi.
Abre los ojos (1997) è il secondo film di Amenábar il cui successo internazionale è stato tale per cui l’attore Tom Cruise ha prodotto e interpretato il remake dal titolo Vanilla sky (2001).
A questo proposito, va detto che il film originale, seppur doppiato nella nostra lingua, è poco conosciuto in Italia. Ma basta accennare al fatto che Vanilla sky è il suo remake, per rendersi conto che tutti, o quasi tutti, conoscono o hanno visto il film americano con Tom Cruise. Film che, a mio avviso, è una pessima riproduzione dell’originale perché, per esempio, dal punto di vista della recitazione, nonostante Penelope Cruz interpreti anche qui il ruolo di Sofia, il film non si percepisce in modo così drammatico e autentico come quello in lingua spagnola.
E a proposito del cinema spagnolo o, comunque, di lingua spagnola, è bene sottolineare che:
[…] l’apertura verso il cinema spagnolo, verificatasi nel nostro Paese dopo “l’effetto Almodóvar”, è stato un fenomeno effimero, comunque solo legato al cinema più commerciale di un certo tipo, non di rado di livello scadente: la commedia giovanilistica o erotica, quali La vida alegre (1988, La vita allegra), di Fernando Colomo, Boom boom (1990) di Rosa Vergés, Cómo ser mujer y no morir en el intento (1991, reso felicemente in italiano con il titolo Come essere donna senza lasciarci la pelle) di Ana Belén, Las edades de Lulú (1990, Le età di Lulù), Jamón jamón (1992, Prosciutto prosciutto) e Huevos de oro (1993, Uova d’oro) di Bigas Luna; oppure quella demenziale-horror (sto pensando ad Acción mutante (1993) di Alex de la Iglesia) (Melloni 2004: 93-94). [1]
Non è perciò inutile ricordare che Amenábar, pressoché sconosciuto in Italia, è nato in Cile nel 1972 e ha studiato presso la Facultad de Ciencias de la Información dell’Università Complutense di Madrid. Molto presto ha cominciato a girare cortometraggi; lui stesso scrive le proprie opere, ne compone la musica, si incarica della fotografia, della regia, del sonoro, ecc. Come è noto, ha girato il suo primo film, lo psicothriller Tesis (1996), a soli 22 anni, ottenendo sette premi Goya tra cui quello per il miglior film. È anche vero, d’altra parte, che il giovane regista sembra avere una predilezione per questo genere i cui personaggi sono degli psicopatici. Altro film di successo, sempre su questa linea, è stato Los Otros (2001), noto in Italia con il titolo The Others. Infine, anche se di genere diverso, non va dimenticato il suo premiatissimo Mar adentro (2004), sul tema dell’eutanasìa, tema di cui Amenábar ha saputo cogliere gli aspetti più profondi e struggenti. Non è un caso che si pensi a lui come a una nuova promessa del cinema iberico.
Ora, provare a leggere il film con intento critico e riflettere su elementi tecnici, estetici e traumatici espressi nella pellicola, se si desidera apprezzarne i valori e non essere manipolati dalle immagini, è un primo, imprescindibile, spunto di riflessione.
A questo proposito, considerando che il cinema è un linguaggio interdisciplinare e che è anche arte narrativa, ho individuato almeno tre livelli di lettura sui quali riflettere e che vale la pena di descrivere: il livello della narrazione, quello della lingua e quello dell’ideologia, che consentono di capire le forme peculiari in cui vengono utilizzate le risorse cinematografiche, tenendo conto, ovviamente, del tipo di storia e del genere. Per esempio, nel thriller le riprese privilegeranno il gioco di luci e ombre per creare suspense, così come la può creare un’andatura lenta e cadenzata o la corsa di chi fugge; anche le inquadrature hanno la loro importanza sia per l’effetto paura o tensione che possono provocare sullo spettatore, sia in relazione alle scelte linguistiche per il doppiaggio.
2. La narrazione
L’aspetto metaforico, che emerge fin dal titolo, è sotteso in tutto il film e spazia dai dialoghi dei protagonisti a scene significative che vanno oltre la mera rappresentazione linguistica e iconica. In relazione al titolo, per esempio, sono dell’avviso che non vuole essere solo l’esortazione ad alzarsi dal letto, ma vuole anche mettere in guardia dai pericoli del mondo e, soprattutto, dal pericolo della droga. Amenábar sembra aver anticipato la campagna preventiva del Ministerio del Interior spagnolo, proposta nel 2003. Come non pensare, infatti, alla cartolina stampata dallo stesso Ministerio del Interior (cfr. fig. 1), nell’ambito del Plan nacional sobre drogas in cui viene proiettato anche un breve cortometraggio. Nel filmato, dedicato a vari tipi di droga, si vede che la ragazza apre la cerniera lampo e di conseguenza l’occhio. Infatti, come si può notare nella figura sottostante, richiamano l’attenzione i due elementi particolarmente significativi che la compongono:
1) l’immagine di un volto femminile presentato con un occhio chiuso da una cerniera lampo, affiancato da un segnale di pericolo dove è scritto abre los ojos e l’altro coperto dai capelli;
2) l’enunciato sulla sinistra in cui è scritto las drogas pasan factura per indicare che, comunque, si dovranno pagare le conseguenze delle scelte sbagliate.
Figura 1. Cartolina del Ministerio del Interior spagnolo
Il messaggio di Amenábar è significativo anche perché nel film Nuria si dirige intenzionalmente verso il precipizio, dopo aver assunto una manciata di stupefacenti nonostante César abbia cercato di dissuaderla.
La pellicola è ambientata nel mondo dei giovani e racconta una storia piuttosto complessa e di non facile lettura. Infatti, la fabula, che rappresenta la cornice esterna, è piuttosto semplice e può essere raccontata in modo lineare nel senso che César, il protagonista, giovane, bello, ricco e donnaiolo, erede di una famiglia madrilena di danarosi industriali, si occupa solo marginalmente della propria azienda preferendo divertirsi. Ha una relazione passeggera – o almeno così crede – con una ragazza psicopatica, Nuria che, come accennato, si ingelosisce quando lui si innamora di una studentessa di arte drammatica, Sofía. Nuria, pazza di gelosia nei confronti dell’altra, lo invita con insistenza a salire in macchina con lei e dopo aver ingoiato una manciata di pasticche rosa, suppongo di ecstasy, si lancia a folle velocità da un cavalcavia. Lei muore e César con il volto sfigurato entra in coma. Non altrettanto lineare, invece, è l’intrigo. Le vicende raccontate non chiariscono del tutto se i fatti che seguono l’incidente sono sogno o realtà, a cominciare da quando César, detenuto in una sezione psichiatrica del carcere, racconta al medico che lo ha in cura le ragioni e le vicende che lo hanno portato alla detenzione. La storia si svolge, infatti, attraverso dei continui flash-back nei quali fantasia e realtà spesso sembrano confondersi lasciando lo spettatore dubbioso e perplesso, specialmente in relazione ai salti temporali, come quello che risale a 150 anni prima. A questo punto, per chiarire quanto affermato, non sembra inutile esplicitare il racconto di César.
Veniamo a sapere che, in preda a visioni schizofreniche, uccide Sofía scambiandola per Nuria finendo, appunto, in un penitenziario psichiatrico. Poi, quando, per delle verifiche presso la Life Extention (LE), la società che si occupa della crionizzazione, da lui stesso sollecitate per cercare di capire se si tratta di sogno o realtà, viene portato fuori dal carcere, uccide una guardia e si getta dal grattacielo sfracellandosi al suolo, o almeno così sembra.
Da questi pochi elementi non emerge appieno l’atmosfera di suspense e di dubbio che trasmette la pellicola. Perciò, partendo dal racconto di César allo psichiatra, che rappresenta una prima cornice interna della storia, viene utile dividere il film in due segmenti per poi estrapolare e analizzare le varie metastorie che li compongono.
I concetti chiave del primo segmento si identificano con il vissuto del venticinquenne César prima dell’incidente. In questa fase, la sua vita è superficiale e spensierata, come si apprende dai numerosi flash-back. In questa seconda cornice interna, si possono individuare due narrazioni: la metastoria con Nuria, che rappresenta il desiderio, la passione, l’incertezza, e quella con Sofía che rappresenta, invece, l’amore, la stabilità, la tenerezza. In questo triangolo, la gelosia di Nuria e l’uso di droga sono gli elementi chiave che la porteranno a compiere il gesto estremo, il suicidio/omicidio. Le due storie, si intrecciano e interferiscono talmente l’una nell’altra al punto che César confonderà i due personaggi.
L’alienazione, la paura, la rabbia, la schizofrenia, sono parte integrante del secondo segmento incentrato sulla vita di César dopo l’incidente. In questa terza cornice interna sono messi in scena due mondi giocati sul piano del reale e su quello del surreale. Per lo spettatore, così come per il protagonista, è difficile capire dove finisce il sogno e dove comincia la realtà.
Nel mondo del reale, il primo, quello che dà l’avvio alla storia, César, come accennato, conduce una vita piuttosto spensierata tra feste e tradimenti. Nel secondo mondo, quello del surreale, dove sogno e realtà si confondono, emergono tre momenti fondamentali rappresentativi di altrettante metastorie: la detenzione, il rapporto con l’équipe di medici di chirurgia estetica, la Life Extention. Il nostro protagonista si trova nel carcere psichiatrico intento a raccontare ad Antonio, il suo psichiatra, senza molto entusiasmo, i fatti che gli hanno sconvolto l’esistenza. Fatti che non riesce a spiegarsi e che ritiene appartengano a un sogno.
Significativa è la risposta che dà allo psichiatra quando questi lo invita a sedersi e a non rimanere accovacciato per terra:
Psichiatra: | ¿Vas a estar siempre así? |
César: | Me gusta el suelo. Es lo único que parece real |
Psiquiatra: | Y lo demás ¿Qué te parece? |
César: | Lo demás es mentira. Todo esto me parece mentira. Incluido Ud. ni siquiera lleva bata |
Anche nei suoi rapporti con l’équipe di medici che, pur pagati profumatamente, non sono riusciti a restituirgli un volto decente, sogno e realtà si confondono perché, se da un lato i medici gli propongono di indossare una maschera appositamente studiata per casi di insofferenza come il suo, scatenando la rabbia di César, dall’altro lato lo informano che, in una fase successiva, gli potranno ricostruire il volto originale, che il miracolo sarà possibile:
César: | ¿Qué es esto? |
Médico: | Una prótesis facial. Recurrimos a esto en casos de rechazo como el suyo. |
César: | Esto es una mierda. |
Médico: | No es la mejor solución, pero es lo único que podemos hacer por el momento. |
César: | Yo quiero una cara, no una careta. |
Médico: | Aquí no hacemos milagros. |
César: | […] |
Psiquiatra: | Pero al final lo hicieron. |
César: | ¿El qué? |
Psiquiatra: | El milagro. |
César: | Eso parece. |
Psiquiatra: | ¿Eso parece? Las cosas son o no son. ¿Lo hicieron o no lo hicieron? |
César: | Estoy muy cansado. ¿Por qué no se va ya? |
Infine, i contatti con la LE che, nella persona di Serge Duvernois, sostiene di averlo congelato e riportato in vita dopo 150 anni dall’incidente, bello come prima, facendogli rivivere in un mondo virtuale la vita che vorrebbe. Si tratta della parte più inverosimile del racconto, ma che gli fa sorgere il dubbio che si tratti, invece, di una montatura dei suoi soci per spingerlo al suicidio, ovviamente non virtuale, e liberarsi di lui. Lo stesso César quando si getta dal grattacielo è convinto di vivere in un sogno, è convinto che così si sveglierà. Ma il terrore e le urla mentre precipita nel vuoto sembrano reali, anche se, dopo l’impatto, che ricorda quello dell’incidente, la voce che si sente e che ripete: “abre los ojos, tranquilo”, fa pensare al possibile risveglio dal coma di tre settimane, durante il quale la sua mente non solo ha ripercorso le tappe della sua vita prima dell’incidente, ma ha immaginato anche tutto il percorso successivo allo stesso, percorso nel quale i sogni spesso erano l’espressione di quello che desiderava. Tali sogni culminano con un immaginario suicidio che il sempre immaginario psichiatra cerca di evitare, ma con una paura reale così forte che ne provoca il risveglio. La breve conversazione che riporto, a titolo esemplificativo, potrebbe essere indicativa:
César: | Soñar es una mierda. |
Psiquiatra: | Ese sueño era bonito. Un parque, los niños que juegan, la chica que te quiere. |
César: | Luego te despiertas y quieres morirte. Al principio ni siquiera tuve fuerza para reaccionar. Había estado tres semanas en coma. |
Psiquiatra: | Tuviste mucha suerte. Podías haber muerto , como Nuria […]. |
César: | Habría sido mejor. |
È inevitabile pensare che Amenábar abbia colto, anche se in modo virtuale, la lezione di Calderón de la Barca ne La vida es sueño.
3. La lingua e il doppiaggio
Gli spunti di riflessioni offerti dal film, se da un lato richiamano l’attenzione sui numerosi problemi relativi alla traduzione di un parlato-recitato (Nencioni 1976), rappresentativo di un linguaggio di moda diffuso ampiamente tra i giovani, disseminato di termini di registro colloquiale, di espressioni tipiche del linguaggio giovanile e di parole sconce, dall’altro lato vogliono segnalare problemi più complessi dovuti alle peculiari caratteristiche che dipendono dalla presenza dei diversi codici che fanno parte del sistema semiotico del film: codice visivo, codice sonoro e codice verbale, dei quali si deve tener conto in sede di traduzione e adattamento.
Anche a una visione superficiale del film emergono le due fasce generazionali messe in scena: quella dei giovani, che usano oscenità e un registro informale-colloquiale, in contrapposizione alla lingua colta delle persone mature, di un livello sociale alto, come per esempio, i medici - che usano un registro formale o neutro.
In fase di traduzione per il doppiaggio resta chiaro che tra il testo di un messaggio e la sua traduzione c’è sempre entropia di significato e che, pertanto, occorre fare attenzione affinché gli “elementi del senso” conservino nella lingua di arrivo gli stessi valori che hanno in quella di partenza. Per dare un’idea, accennerò alla traduzione delle parole sconce e dei connettivi. Per quanto riguarda il turpiloquio, al contrario di quanto ho riscontrato in altri film, ho notato che è stata mantenuta pressoché totalmente la loro presenza nella versione italiana. Sono quasi irrilevanti i casi in cui la parolaccia è stata omessa o tradotta con un eufemismo. Valga come esempio:
Pelayo: […] te voy a decir una cosa. A mi Sofía me gusta mucho, me gusta un huevo, tío, es más, podría ser la chica de mi vida. Pero si yo supiera que iba a joder nuestra amistad, la mandaba ahora mismo a hacer puñetas [OFF].[2] |
Pelayo: [...] ti dico una cosa. A me Sofía piace molto, mi piace un casino, capito? Anzi, potrebbe essere la ragazza della mia vita, ma se sapessi che rischia di rovinare la nostra amicizia, la manderei immediatamente a fare in culo. |
In questo caso, a parte i cambiamenti morfosintattici, irrilevanti dal punto di vista del sincrono in quanto la scena è in OFF, la traduzione del turpiloquio è difforme solo nel caso di joder, dato che, attraverso una modulazione, e cioè un cambiamento della categoria di pensiero, è stato utilizzato il verbo rovinare.
Però, joder si usa anche nel senso figurato di romper (rompere), estropear (compromettere, rovinare).[3] L’equivalente italiano volgare, popolare, in senso figurato, è fottere.[4] In questo caso il traduttore-adattatore ha conservato il senso e la designazione dell’originale, ma si è persa la connotazione volgare che poteva essere conservata. Connotazione che, d’altra parte, è stata mantenuta nel resto dell’enunciato. In altre parole, si è scelta una sorta di negoziazione, come afferma Eco (2003), dal momento che essendo stato conservato quasi completamente il turpiloquio nel film, in alcuni casi i dialoghi sarebbero risultati appesantiti.
Ancora qualche esempio in cui è stata mantenuta la connotazione volgare e il registro colloquiale:
César: Ahora mismo puedes estar pensando ¡Joder, qué tío más plasta! A ver com me lo quito de encima [ON]. Sofía: ¿Crees? César: Y además hostelero[OFF]. ¡Menudo coñazo! [ON]. |
César: In questo momento magari stai pensando: cazzo, che piattola! Come faccio a liberarmene? Sofía: Credi? César: Fa pure il ristoratore. Proprio un rompipalle!
|
César: ¿Los médicos? Los médicos no tenían ni puta idea. [OFF]
|
César: I medici? I medici non sapevano che cazzo fare. |
Sofía: Me parece que me estás tomando el pelo y que lo único que quieres es ligar conmigo. [ON] |
Sofía: Mi sa che mi stai prendendo in giro, che vuoi solo rimorchiarmi. |
In questi esempi, nei quali ho indicato se le inquadrature sono in ON o in OFF, sia il senso che la connotazione volgare sono stati rispettati. Quanto alla sincronia labiale, le corrispondenze suppliscono bene, a mio avviso, alle difformità e non incidono nel doppiaggio italiano in quanto non si notano sfasature. D’altra parte, come afferma Galassi:
La bravura di un dialoghista si misura infatti con la sua capacità di dimenticare come era stata costruita la battuta, di distillarne enunciato, eventuali sottotesti, allusioni, intenzioni, e riformularla in italiano come se fosse lo sceneggiatore del film. Evito di fare riferimenti ai problemi del sincronismo labiale per due motivi: perché si tratta di un tecnicismo che in questo momento vizierebbe le nostre riflessioni e perché, pur essendo, agli occhi dei profani, l’aspetto più acrobatico della realizzazione di un doppiaggio, è in realtà un problema che deve essere affrontato solo in seconda battuta. Guai a lasciarsene condizionare. Prima di verificare alla moviola o al videoregistratore se la battuta a cui sto pensando è sincronizzabile, devo chiedermi se quella è la battuta che vorrei sincronizzare (Galassi 1994: 64).
Un esempio di sincronia labiale, di sincronia di contenuto e di isocronia, potrebbe essere:
Nuria: Pues, hasta que vuelvas a ver a Miss Universo no te vendría mal un poco de diversivo. |
Nuria: Be’, prima di rivedere un viso diverso, non ti farebbe male divertirti un po’. |
Infatti, le occlusive iniziali, rispettivamente sorda e sonora, [p] e [b], presentano lo stesso movimento delle labbra, così come la fricativa bilabiale sonora [ß] di ‘vuelvas’ e ‘ver’ la ritroviamo in ‘rivedere’ e ‘viso’.
Interessante è anche la traduzione dei connettivi. A titolo esemplificativo, valga l’esempio sopra citato in relazione al connettivo pues, che rappresenta un caso particolare. Portolés (2001: 55) prende in considerazione tre usi diversi di questo elemento conversazionale: «En el primero […] se trata del pues denominado causal […]. En otras ocasiones es adverbio marcador discorsivo con significado consecutivo […]. Por último, el más completo desde el punto de vista categorial, es el pues comentador». In questo esempio è di tipo comentador e ha valore conclusivo, come si evidenzia dal testo. La traduzione be’ è pertinente non solo dal punto di vista del senso, in quanto l’avverbio bene, così come il suo troncamento be’ si configurano con valori conclusivi, ma anche da quello del sinc, come già accennato, per l’uso delle occlusive bilabiali [p] in spagnolo e [b] in italiano in quanto i movimenti labiali sono corrispondenti.
4. L’ideologia
Nel film emerge la contrapposizione manichea tra bene e male. Basti pensare ai comportamenti dei personaggi maschili e femminili per rendersene conto. Infatti, se volessi presentarli pensando alla più banale delle categorie, buoni vs cattivi, avrei: Pelayo vs César, Sofía vs Nuria e Antonio vs Serge Duvernois.
Le figura di César se da un lato rappresenta quella della vittima, e quindi di un presunto buono, dall’altro lato, tradisce l’amico Pelayo portandogli via Sofía, la chica de su vida, non vergognandosene e assumendo la menzogna come atteggiamento comportamentale, come si può desumere sia dal dialogo che si svolge tra i due “amici” alla festa di compleanno di César sia quando propone a Sofía di passare la notte insieme. È significativa la risposta ironica della ragazza:
Pelayo: | ¿Por qué tienes que ligarte precisamente a Sofía? |
César: | Aquí nadie se está ligando a Sofía. |
Pelayo: | Ya, yo estoy ciego, ¿no? |
César: | Un poco pedo sí que vas. |
Pelayo: | Estoy pedo, pero te voy a decir una cosa. A mi Sofía me gusta mucho, me gusta un huevo, tío, es más, podría ser la chica de mi vida. |
Sofía: | Estaría muy mal que tú y yo nos viéramos esta noche. |
César: | ¿Por? |
Sofía: | Pelayo. ¿Te acuerdas? Es tu mejor amigo. |
César: | Pelayo no tiene por qué enterarse. Además, él haría lo mismo. |
Sofía: | Veo que para ti la amistad es lo primero. |
César: | Lo ves. Para eso no se lo diría. |
Sofía e Nuria che, come accennato, rappresentano due opposte figure di donna, l’una calma, dolce, l’altra psicopatica, perfida, in un universo mitico verrebbero raffigurate come angelo e demonio. Ed è proprio un universo mitico quello che ci propone Amenábar dal momento che insiste nell’opposizione paradiso vs inferno, esplicitamente o implicitamente.
Nel primo caso ecco alcuni esempi come quello in cui l’impiegato della Life Extention spiega a César che:
Empleado: | Firmar por la clausula 14 es prácticamente firmar por el paraíso. |
Oppure, le parole di César quando entra nella LE con il suo psichiatra:
César: | Esta empresa promete lo mismo que ha prometido la iglesai durante siglos, la inmortalidad. Sólo que de curas son matasanos. |
Nel caso della rappresentazione implicita, basti pensare alla vita spensierata e superficiale di César o alle immagini del film. Infatti, quando incontra Sofía o la sogna, le scene trasmettono calma, i personaggi sorridono, se i luoghi sono chiusi; ci troviamo di fronte a esplosioni di luce se i due innamorati si trovano all’aperto, nel parco.
L’inferno è rappresentato dal rapporto con la mefistofelica Nuria, dall’incidente, dal volto deturpato, dallo scambiare Sofía con Nuria diventando un assassino.
Una ultima riflessione sul tema del doppio, sulla maschera che César indossa per nascondere il volto deturpato, metafora del desiderio di apparire più che di essere, metafora che Aménabar usa per criticare chi si nasconde dietro le apparenze. E non si può non accennare alla sublime inquadratura di profilo di César che balla in discoteca al suono di una musica bellissima, struggente, con la maschera sulla nuca e il volto deformato. Angelo e demonio, Giano bifronte, enigmatico Dio del passaggio.
5. Conclusioni
Ben lungi dall’esaurire tutte le possibilità di analisi e commento, la scelta degli esempi relativi alla traduzione difforme delle oscenità, a quella dei connettivi e all’ideologia, non vuole essere che una breve indicazione di alcuni problemi specifici legati alla traduzione per il doppiaggio.
Le discrepanze riscontrabili nell’adattamento, spesso, sono dovute alla necessità di rispettare la sincronia fonetica, quella dei contenuti e l’isocronia. Tuttavia non sempre è stata rispettata l’obbedienza al sincronismo. Ma questo aspetto, come abbiamo visto (Galassi 1994), non assume necessariamente valore negativo.
In relazione al doppiaggio, a mio avviso, la traduzione dei tacos e del testo spagnolo in generale è ben fatta; invece, non condivido affatto alcune soluzioni relative alla scelta della voce del protagonista. Mentre nel film spagnolo César parla normalmente prima dell’incidente, parla con la voce leggermente alterata quando lo vediamo con il volto deformato e con la voce contraffatta quando indossa la maschera, nel film doppiato il timbro e il tono sono sempre uguali, la voce è la stessa in tutte e tre le situazioni.
In ogni caso, come Tesis, anche Abre los ojos è un film di qualità che consacra Amenábar tra i migliori registi spagnoli. Quanto al doppiaggio, ritengo che abbia rappresentato le forme volgari e colloquiali in modo più adeguato che nel film Tesis, anche se al pubblico italiano potrebbe risultare pesante.
Infine, lo scioglimento. Amenábar ci lascia nel dubbio anche se, come ho accennato, molti indizi fanno pensare che buona parte dei fatti potrebbe essere stata frutto di sogni avuti in coma, e che la voce finale che ripete Abre los ojos, Abre los ojos, tranquilo, prelude al risveglio in senso reale e metaforico.
Bibliografia
De Mauro Tullio (2000) Il dizionario della lingua italiana, Milano, Paravia.
Eco Umberto (2003) Dire quasi la stessa cosa, Milano, Bompiani.
Galassi Gianni G. (1994) “La norma traviata” in Il doppiaggio. Trasposizioni linguistiche e culturali, Raffaella Baccolini, Rosa Maria Bollettieri Bosinelli e Laura Gavioli (eds), Bologna, CLUEB: 61-70.
Melloni Alessandra (2004) Tra immagine e parola. Costruzione del racconto e varietà discorsive nella fiction cinetelevisiva ispanica, Salerno/Milano, Oedipus.
Ministerio del Interior
http://www.pnsd.msssi.gob.es/Categoria3/prevenci/areaPrevencion/campanas/pasanfactura.htm (ult. cons. 7/11/2013)
Nencioni Giovanni (1976) “Parlato-parlato, parlato-scritto, parlato-recitato”, Strumenti critici, no.29: 1-56.
Portolés José (2001) Marcadores del discurso, Barcelona, Ariel.
Sanmarín Sáez Julia (1998) Diccionario de argot, Madrid, Espasa.
Note
[1] Va inoltre ricordato che la poca fortuna del cinema spagnolo in Italia, secondo Melloni (2004) è dovuta a molteplici ragioni: «[…] da un lato, la scarsa rilevanza e l’emarginazione locale del cinema spagnolo prima e durante il regime franchista e, dall’altro, indubbiamente la carenza distributiva spagnola che ben si è sposata con la miopia culturale italiana; fino a questi ultimissimi anni, infatti, sono stati assai pochi i film spagnoli usciti in Italia nel circuito commerciale, cioè in versione doppiata per un pubblico diverso da quello destinato originariamente a fruirne» (Melloni 2004: 93).
[2] Indico con OFF le scene in cui i protagonisti sono di spalle o di profilo; con ON quelle in cui gli attori sono in primo piano.
[3] “Joder [...] 3. prnl. Romper. Estropear. [...] 4. Malorar [...]” (Sanmartín Sáez 1998).
[4] “Fottere [...] fig. pop. Danneggiare, rovinare qcn. con mezzi subdoli, ridurlo in una condizione di grave svantaggio [...]” (Tullio De Mauro 2000).
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