Recensione di Übersetzungswissenschaft Dolmetschwissenschaft. Wege in eine neue Disziplin.
Recensione di Übersetzungswissenschaft Dolmetschwissenschaft. Wege in eine neue Disziplin.
By Laura Sergo (Universität des Saarlandes)
Abstract
Keywords:
©inTRAlinea & Laura Sergo (2009).
"Recensione di Übersetzungswissenschaft Dolmetschwissenschaft. Wege in eine neue Disziplin. Recensione di Übersetzungswissenschaft Dolmetschwissenschaft. Wege in eine neue Disziplin."
inTRAlinea Special Issue: Specialised Translation I
Edited by: Danio Maldussi & Eva Wiesmann
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Übersetzungswissenschaft Dolmetschwissenschaft. Wege in eine neue Disziplin.
Wolfgang Pöckl (a cura di) Wien: Edition Praesens, 2004
Con il presente volume Wolfgang Pöckl, egli stesso uno specialista della materia, si propone di far conoscere in maniera gradevolmente divulgativa una nuova disciplina a un pubblico più vasto, il quale pur avendo un’idea di che cosa siano traduzione e interpretazione, e magari anche Übersetzung- und Dolmetschwissenschaft, non ha ancora famigliarità con concetti quali Translation e Translationswissenschaft[1] (9). Allo scopo di illustrarne la storia presentando al contempo sia i diversi approcci teorici che i campi in cui si svolge la ricerca egli sceglie la raccolta di biografie, offrendo ai lettori in tal modo non soltanto una storia della disciplina, ma anche una sorta di bilancio dei risultati finora conseguiti. Anche se non tutti i colleghi interpellati hanno risposto positivamente al suo invito, come precisa nell’introduzione il curatore della raccolta – e ciò spiega l’assenza di alcuni nomi importanti – i 49 contributi, redatti da studiosi attivi soprattutto nel mondo germanofono, bastano a darci una chiara immagine del settore. In essi gli elementi biografici personali si intrecciano con quelli professionali, prendendo talvolta il sopravvento su questi ultimi; d’altra parte spesso è proprio la storia personale, al di là di ogni sospetto di “voyerismo”, ad essere decisiva nello sviluppo dell’interesse per lo studio di una materia. Ogni contributo, della lunghezza media di circa 10 pagine, è corredato da una bibliografia essenziale nonché da una scelta di pubblicazioni che gli autori interpellati considerano più rilevanti.
Troviamo nel volume – questa è la classificazione proposta dal curatore – esponenti della generazione dei fondatori della disciplina; coloro che, per vie più o meno tortuose, talvolta per caso, sono approdati alla traduttologia partendo da scienze ad essa vicine quali le filologie moderne; gli studiosi che coltivano un interesse particolare per la traduzione e l’interpretazione e infine le giovani leve. Ma, in considerazione della complessità delle carriere descritte, in realtà molti possono essere considerati come appartenenti contemporaneamente a più di uno di questi gruppi. Si procederà quindi in maniera diversa nella presentazione dei contributi, scegliendo cioè gli elementi a nostro avviso più importanti tematizzati nelle biografie.
Come è nato negli interessati l’interesse per le lingue e le culture straniere che li ha portati a scegliere la traduzione e l’interpretazione sia come professione che come oggetto di ricerca scientifica? Per alcuni degli studiosi tale interesse risale ai primi anni di scuola, è nato da esperienze positive vissute nel dopoguerra (Thome, 369-377), dal contatto con le famiglie di soldati stranieri (Kautz, 153-159); è dovuto a circostanze particolari, come nel caso di coloro che sono cresciuti in famiglie o in regioni contrassegnate dalla coesistenza – non sempre priva di conflitti – di lingue e culture diverse (Prunč, 267-271; Rovere, 283-290; Zybatow, 417-435); in altri casi è stato favorito da un ambiente famigliare particolarmente aperto alle lingue e alle culture straniere (Kornelius, 197-206; Feyrer, 73-80; Nord, 249-258; Wilss, 393-398); oppure, in una regione periferica ed ermeticamente chiusa dal punto di vista linguistico come l’America Latina degli anni ‘40 e ‘50 del secolo scorso, è stato il cinema, con i film in lingua straniera provvisti di sottotitoli, a suscitare la curiosità nei confronti di tutto ciò che proveniva dall’estero (Cartagena, 55-63). Fra gli altri motivi citati ritroviamo l’entusiasmo per l’ideale europeista degli anni ‘50 (Frank, 91-102) e il bisogno di contribuire al processo di mutua comprensione fra i popoli (Stolze, 361-368) o semplicemente il desiderio di diventare traduttori (Nord, 249-258; Schreiber, 323-327).
Quale sono stati i motivi che hanno suscitato negli autori l’interesse teorico nei confronti del fenomeno traduzione? Per la generazione dei “fondatori” della disciplina lo sono stati soprattutto lo studio delle filologie moderne – come del resto anche per molti dei colleghi anche più giovani –, le esperienze di insegnamento e l’esercizio della professione (Neubert, 237-247; Reiß, 273-276; Wilss, 393-398). Allora il concetto di traduttologia non esisteva ancora e il compito di questi “pionieri” è stato appunto quello di dare un solido fondamento teorico a un’attività orientata esclusivamente in funzione pratica; ciò significava riorganizzare la formazione professionale dei traduttori e degli interpreti tramite condizioni di studio più adeguate e quindi sviluppare una base scientifica che permettesse di uscire dal “buio metodologico-concettuale” (394) di allora. Alcuni dei colleghi mettono in rilievo il ruolo essenziale svolto dai maestri accademici nello sviluppo dell’interesse per i processi traduttivi (Albrecht, 21-28; Cartagena, 55-63); per altri tale interesse è nato dal casuale incontro con letture decisive durante gli studi (Kupsch-Losereit, 215-226; Kußmaul, 221-226), da esperienze rivelatesi deludenti nell’esercizio della professione di traduttore e interprete (Snell-Hornby, 335-343), dalla prospettiva di trovare, nello studio di traduzione e interpretazione, un approccio alle lingue che fosse più mirato alla pratica che non nello studio delle filologie (Kaindl, 147-152).
Quali sono i campi in cui si svolgono le ricerche degli studiosi interpellati? Partendo dalle fondamenta poste dai “pionieri” le generazioni successive hanno potuto portare avanti gli studi teorici ed esercitarne l’applicazione a livello didattico allo scopo di trasmettere ai futuri traduttori e interpreti una combinazione equilibrata di teoria e pratica (Albrecht, 17; Holzer, 145), garanzia di solida competenza professionale. I diversi approcci traduttologici perseguono in linea di massima gli stessi obiettivi, anche se le strategie per raggiungerli sono diverse; tali obiettivi sono l’ottimizzazione della didattica anche tramite la riorganizzazione del sistema di insegnamento (Böhler 43-54), un’esigenza nata spesso da esperienze negative vissute dai colleghi nel corso dei loro studi (Königs, 179-187; Kiraly, 169-178) o dall’insufficienza dei metodi didattici allora in uso (Nord, 249-258; Reiß, 273-276) da una parte, e l’indagine degli aspetti linguistici, pragmatici e cognitivi dell’attività traduttiva dall’altra. Indagine che tuttavia non dovrebbe mai perdere di vista gli aspetti pratici, puramente “artigianali” della professione (Albrecht, 15).
Una caratteristica essenziale della ricerca in traduttologia è l’interdisciplinarietà, che risulta evidente in alcune delle biografie (Arntz, 29-35), nelle quali all’interesse per le materie linguistiche si aggiunge quello per la didattica delle lingue straniere, o per le teorie cognitive, di importanza fondamentale per la “Erkundung des Dolmetschprozesses” (Feldweg, 65-71; Pöhhacker, 259-265), che coinvolge anche settori non attinenti alla linguistica (Salevsky, 291-297). Ma interdisciplinarietà significa altresì collaborazione fra specialisti di linguistica e di altre discipline, una collaborazione che apre nuove prospettive anche alla didattica della traduzione specialistica (Arntz, 32).
Ciò vale, seppure in forma diversa, anche per la traduzione letteraria, che se può essere fonte di vera gioia (Stackelberg, 348), presuppone tuttavia solide conoscenze non solo linguistiche, ma anche letterarie; lo studio della storia della traduzione dei classici della letteratura europea (Stackelberg, 348) permette inoltre di osservare influenze e spinte innovative che si sono imposte nella lingua di arrivo proprio grazie alle traduzioni (Kelletat, 165) [2].
Il fatto che nel frattempo la disciplina abbia sviluppato una sua propria identità, e che fra le prospettive professionali vi sia oggi anche quella della carriera accademica facilita certamente a molti giovani interessati alla ricerca – dei quali alcuni maestri accademici menzionano con giustificato orgoglio progetti e risultati (Gil, 120) – la scelta dell’indirizzo di studio. Ciò non significa tuttavia che tale carriera sia ora più facile (Schreiber) o che la strada sia meno tortuosa (Wienen, 387 ss.).
Il volume ci offre un panorama ricco ed esauriente della Translationswissenschaft in tutti i suoi aspetti grazie alla varietà dei contributi, alla pluralità degli argomenti trattati e alla quantità di informazioni. La decisione di affidarsi all’ordine alfabetico nella successione dei contributi, per la quale il curatore si scusa, se non facilita forse il lavoro della recensente, si rivela tuttavia sicuramente felice vista nell’ottica dei destinatari, per i quali grazie ai passaggi imprevisti da tema a tema la lettura risulta senz’altro ancora più interessante.
Note
[1] La questione relativa alla denominazione di queste discipline in italiano è ancora aperta. Si vedano in proposito Sandrini (1998, 116); Nergaard (1995, 2), cit. in Sandrini (1998, 116-117); Salmon (2003, 116-117); [url=http://www.logos.it/pls/dictionary/linguistic_resources.cap_1_16?lang=it#2]http://www.logos.it/pls/dictionary/linguistic_resources.cap_1_16?lang=it#2[/url]. Si userà qui perciò ove sia possibile il termine traduttologia e negli altri casi si preferiranno i corrispondenti termini originali tedeschi.
[2] Cfr. anche Albrecht, 2003.
Bibliografia
Albrecht, Jörn (2003). “Können Diskurstraditionen auf dem Wege der Übersetzung Sprachwandel auslösen?”. In: Aschenberg, Heidi / Wilhelm, Raymund (a cura di): Romanische Sprachgeschichte und Diskurstradition. Tübingen: Narr, p. 37-53.
Nergaard, Siri (a cura di) (1995). Teorie contemporanee della traduzione. Milano: Bompiani.
Salmon, Laura (2003): Teoria della traduzione. Storia, scienza, professione. Milano: Vallardi.
Sandrini, Peter (1998): Arntz, R. (a cura di). “La traduzione. Nuovi approcci tra teoria e pratica”. Recensione. In: Frank-Rutger Hausmann / Stammerjohann, Harro (a cura di): Romanische Forschungen. Vierteljahresschrift für romanische Sprachen und Literaturen. Vol. 2: 1998, 110, p. 115-117. [url=http://homepage.uibk.ac.at/%7Ec61302//publik/roman.pdf]http://homepage.uibk.ac.at/%7Ec61302//publik/roman.pdf[/url]
[url=http://www.logos.it/pls/dictionary/linguistic_resources.cap_1_16?lang=it#2]http://www.logos.it/pls/dictionary/linguistic_resources.cap_1_16?lang=it#2[/url]
©inTRAlinea & Laura Sergo (2009).
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