Barbarismos di Andrés Neuman: la sfida di tradurre un dizionario
Raffaella Tonin
In un laboratorio di traduzione letteraria con finalità didattiche, lo scrittore, traduttore e docente di letteratura Andrés Neuman[1] è, per molti versi, l’autore giusto al posto giusto; basti solo ricordare il protagonista del suo pluripremiato Il viaggiatore del secolo, un traduttore errante nella Germania del XIX secolo, o “La traducción”, un racconto breve, tratto dalla raccolta Alumbramiento, sull’arte di tradurre poesia. Classe 1977, argentino di nascita, con genitori di origine europea (italo-spagnola la madre, ebreo tedesco il padre) e spagnolo di adozione, Neuman dimostra una costante attenzione ai temi dell’interculturalità e della traduzione, per motivi personali ancora prima che professionali, al punto che alcune delle definizioni di Barbarismos – del quale proponiamo un estratto, su gentile concessione dell’autore – sembrano appositamente coniate per coloro che si stanno formando proprio per le professioni correlate alla mediazione.
Barbarismos è una raccolta di aforismi, inizialmente apparsi a puntate sul quotidiano spagnolo El País, e che successivamente vengono pubblicati in veste di dizionario. In esso, parole come “vocabolario” o “traduzione” si caricano di un vissuto esperienziale che solitamente non è presente nei consueti strumenti lessicografi. Ma non è forse per conoscere l’ampia costellazione connotativa che gravita attorno alle parole che il traduttore interroga dizionari di ogni sorta, come se di enciclopedie del sapere personale e intimo di ognuno di noi si trattassero? Neuman questo fa in Barbarismos: reinterpreta il suo lessico famigliare ed intimo attraverso il filtro della realtà che vive in quanto “immigrato”, dotato di “memoria”, che aspira alla “libertà”, nonostante l’interposizione di “frontiere”. A volte con smaccato cinismo, a volte con autoironia, ma sempre per strapparci, ad ogni definizione, un sorriso a labbra serrate.
L’autore giusto, dicevamo, e pertanto il testo giusto da proporre ad un corso di traduzione della Laurea Triennale in Mediazione Linguistica Interculturale, nel quale l’uso consapevole e mirato del dizionario la fa – fortunatamente ancora – da padrone. Normativo o d’uso, dei sinonimi o analogico, bilingue, monolingue, della lingua di partenza, di quella d’arrivo, tutti in comune hanno una serie di tratti e di convenzioni stilistiche che ne delineano l’appartenenza ad un genere: l’ordine alfabetico delle entrate, la presenza di accezioni all’interno del lemma e una scrittura impersonale e asciutta, solo per citarne alcuni.
Tuttavia, in Barbarismos non è solo la giocosa mimesi stilistica delle opere lessicografiche a mettere a dura prova chi traduce; questi brevi compendi del vissuto multiculturale di uno scrittore poliglotta e migrante ci impongono un ritmo inversamente proporzionale alla loro concisione. In una versione bilingue come quella che di seguito proponiamo, la brevità del prodotto non rende giustizia delle ore di lavoro impiegate. Oltre a comprendere l’intenzione e lo stile dell’autore, il testo di partenza e le sue possibili interpretazioni – necessarie osservazioni con le quali, di norma, noi docenti di traduzione teniamo inchiodati i nostri studenti ai blocchi di partenza, in attesa dello sparo che dia libero sfogo al loro tradurre “matto e disperatissimo” – c’è il vincolo visivo del testo a fronte che, nel caso di un dizionario, quale Barbarismos appare, comporta mantenere in modo speculare all’originale lo stesso ordine alfabetico nel testo d’arrivo. Per questo motivo, si sono dovute escludere a priori quelle voci che in italiano avrebbero comportato un ricollocamento grafico, in quanto diverse le iniziali dei loro traducenti rispetto all’originale spagnolo. In più, un’ulteriore costrizione ha reso l’esercizio stilisco più complesso: l’alfabeto della lingua spagnola possiede un numero maggiore di lettere. A questo proposito ci sono venuti in ausilio altri barbarismi, quei forestierismi che tanto dividono i lessicografi puristi da quelli più rilassati, ed è così che “kebab”, “ñ” e “Youtube”, ad esempio, entrano nella parte italiana di questo breve dizionario, non solo per l’appropiatezza della definizione che Neuman ne dà, bensì anche come riflesso di quell’ibridazione che anche le lingue subiscono grazie ai flussi migratori (per impedire il viavai di parole da una lingua all’altra fortunatamente ancora non esistono muri).
La traduzione collettiva di Barbarismos
La selezione delle 27 entrate di Barbarismos si è basata su una democratica competizione tra sei squadre di talentuosi traduttori in fieri che hanno partecipato volontariamente al laboratorio[2]. In prima battuta, ad ogni gruppo sono state assegnate dieci parole (per un totale di 60 lemmi) da tradurre al di fuori dell’orario di lezione tramite piattaforme di collaborazione virtuale in rete. L’incarico di traduzione è stato gestito in modo totalmente autonomo da ciascun gruppo: chi ha tradotto tutti i testi assegnati al gruppo di appartenenza e, a seguire, ha incrociato le varie versioni con i compagni di squadra, chi invece ha distribuito i testi tra i vari membri e rivisti poi in modo colleggiale, oppure chi ha lavorato a partire da un unico foglio di lavoro apportando le varie versioni, aggiungendo commenti e proposte alternative, chi ha designato un revisore interno o chi, al contario, ne ha individuato uno esterno. E dunque quale ruolo riveste il docente nella pratica della traduzione collettiva? Volutamente nell’ombra, si limita ad osservare l’interazione dei gruppi di lavoro senza ingerenze, a comprendere gli argomenti a favore di certe scelte traduttive, seppur non sempre le condivida, o a stimolare la capacità di risolvere snodi conflittuali, senza elargire le proprie (ugualmente opinabili) preferenze.
Successivamente all’elaborazione dei testi d’arrivo, ogni squadra ha sottoposto le traduzioni definitive delle proprie candidate alle altre squadre, durante una lezione nella quale una votazione per alzata di mano tra tutti i traduttori coinvolti ha determinato, una dopo l’altra, le definitive 27 parole prescelte per comparire su Intralinea. Esse sono state individuate, quindi, non solo sulla base della preferenza per alcune voci scritte da Neuman o per la pertinenza con l’ambito della traduzione, ma anche per l’espressività delle rese traduttive. Infine, per poter garantire la coerenza con la collocazione finale di questi lemmaforismi nel contesto traduttologico che ci ospita, da parte di chi scrive questo resoconto c’è stata, al di là di una serie di aggiustamenti stilistici finali, un’autocratica imposizione sulla scelta di un lemma imprescindibile in questa sede: facile indovinare di quale si tratta. Un indizio: va cercato tra le ultime lettere dell’alfabeto, possibilmente prima di addormentarsi…
Bibliografia
Darici, Katiuscia (2014) “Andrés Neuman y la traducción como vehículo de pensamiento”, Mise en Abyme. International Journal of Comparative Literature and Arts 1, no. 2: 60-69.
Gónzalez De Canales, Júlia (2015) “Los cuentos de Andrés Neuman: la poesía (sexual) de la palabra”, Versants 62, no. 3: 83-91
Neuman, Andrés (2006) Alumbramiento, Madrid, Editorial Páginas de Espuma.
Neuman, Andrés (2010) Il viaggiatore del secolo, Firenze, Ponte alle Grazie
Neuman, Andrés (2014) Barbarismos, Madrid, Editorial Páginas de Espuma.
Note
[1]Le sue opere sono pubblicate in Italia per i tipi di Ponte alle Grazie e Sur e quasi interamente tradotte da Silvia Sichel.
[2] Si tratta dei/lle seguenti studenti/esse del III anno della Laurea In Mediazione Linguistica Interculturale dell’Università di Bologna (Campus di Forlì) frequentanti i corsi di traduzione dallo spagnolo all’italiano e di una studentessa dell’Università di Padova in Lingue, Letteratura e Mediazione Culturale: Maria Luisa Amato, Valentina Baffoni, Giada Bollini, Claudia Caturegli, Ilaria Cocumelli, Lorenzo Colombo, Francesco Davoli, Antonello Germano, Alice Goffo, Giorgia Guidi, Giorgia Merola, Maria Chiara Martignano, Linda Matteini, Chiara Micucci, Claudio Napolitano, Agnese Pacciardi, Francesca Panelli, Benedetta Possamai, Elena Roncalli, Delia Soiu, Giada Temperini, Linda Toffali, Federica Vai e Alice Verni.